rientra in uno di quei bizzarri casi editoriali che
alcuni libri vivono.
Pubblicata nel 1983 negli Stati Uniti, la saga, che rientra nel sottogenere letterario del gotico
fantastico denominato Southern Gothic (ovvero il gotico che risente delle atmosfere del sud
degli Stati Uniti), ebbe un successo circoscritto sebbene degno di nota.
Basti dire che Stephen King considerò Blackwater come uno dei migliori esempi di narrativa
gotica insieme agli scritti di Shirley Jackson.
A distanza di quasi 30 anni, l’editoria francese riscopre la saga di Blackwater di Michael
Mcdowell.
Ne acquisiscono i diritti e affidano le copertine all’illustratore Pedro Oyarbide che per
Blackwater realizza delle copertine gioiello: riccamente intarsiate, di piccolo formato, ogni
copertina dei sei volumi che compongono la saga di Blackwater riporta incisi sul fronte, sul
retro e sulla costa elementi che richiamano ciò che accade in ogni volume.
L’editore Neri Pozza vede l’edizione francese di Blackwater e decide di scommettere su
questa operazione che per la casa editrice, assolutamente non “di genere”, è una grande
apertura alla sperimentazione.
Ma di che cosa parla la saga di Blackwater?
Fondamentalmente si tratta di una saga famigliare con tinte gotico horror, sebbene la parola
chiave per definire la scrittura di Mcdowell sia misura.
Lo scrittore infatti, già sceneggiatore per Tim Burton per film come Beetlejuice o Nightmare
Before Christmas, non eccede mai.
Egli mantiene una equilibrata tensione narrativa tra la dimensione storico geografica (una
cittadina dell’Alabama tra il 1919 e la fine degli anni ‘60), le dinamiche famigliari tra
matrimoni, opposizioni, morti, nascite, sgarbi, vendette ed evoluzioni varie, e il gotico tout
court, ché naturalmente in Blackwater non mancano scene da horror puro.
La saga di Blackwater inizia con la piena del 1919.
La cittadina di Perdido viene allagata dai due fiumi che la percorrono, il Perdido (con le sua
rossastre acque limacciose) e il nero Blackwater.
La piena lascia dietro di sé distruzione e…una donna.
Elinor Dammert viene infatti ritrovata all’interno dell’allagato Osceola Hotel, e da subito
conquista il cuore di Oscar Caskey, figlio della locale famiglia benestante.
I Caskey sono una famiglia matriarcale, a comandare tutti a bacchetta è la madre Mary
Love, che prende decisioni anche in merito all’azienda di famiglia legata al legname.
Nel corso della saga Elinor, diventata una Caskey grazie al matrimonio con Oscar, riesce a
esercitare un misurato magnetismo, al punto da fare diventare, grazie alla sua silente
lungimiranza e resiliente forza d’animo, la famiglia Caskey la famiglia più ricca della zona.
Eppure si comprende già dalle primissime pagine de La piena, primo volume della saga di
Blackwater, come Elinor non sia totalmente umana.
Gli anni passano, i poteri aumentano, nascono figli (tutta la saga di Blackwater è costellata
da figli che poi vengono passati ad altri membri della famiglia, una strana giostra di
parentele), muoiono personaggi, tornano fantasmi, la natura di ciascuno si esprime al
massimo anche nella propria spietatezza inumana.
Micheal Mcdowell non eccede mai, e riesce a concludere la saga di Blackwater con una
precisione e una circolarità da vero maestro della narrazione.
Il suggerimento che vi diamo è quello di lasciarvi attrarre dalle copertine di Blackwater, di
immergervi nella calda atmosfera dell’Alabama e di guardare nelle vorticose acque del
Perdido.
Presto non potrete fare a meno di affezionarvi ad ognuno dei personaggi della saga, di
provare ogni tipo di emozione insieme a loro, di ammirare la silente (sebbene sconvolgente)
forza d’animo di Elinor.
Affrontate Blackwater come una splendida saga famigliare, quale è, senza lasciarsi frenare
dalle etichette di genere.
Non ve ne pentirete.