Fin dal principio gli spettri hanno abitato il canone della modernità letteraria italiana; né la loro presenza è mai stata limitata ai confini del "fantastico" - genere o modo che sia - o tanto meno alla filiera della letteratura popolare e di consumo. Tra scritti medianici e tavolette ouija, Poltergeist e fenomeni di "retrocognizione", cimiteri infestati e anime del Purgatorio, Camilletti ricostruisce qui un ideale filone spettrale della letteratura del secondo Novecento italiano che adopera le suggestioni della metapsichica per interrogare le ombre della storia, le ambiguità della lingua, i vicoli ciechi della memoria, le possibilità del reincanto. Analizzando testi di Pitigrilli, Giorgio Vigolo, Eduardo De Filippo, Dino Buzzati, Mario Soldati e Giorgio Bassani, questo libro tratteggia così l'immagine di una spettralità tutta italiana, nata dal dissolversi degli spazi e dei riti della grande tradizione borghese: una spettralità intimamente crepuscolare, fatta di "canzonette" e di mitologie del "primo amore", di educazioni cattoliche e tentazioni del proibito, di partite di tennis lunghe estati intere e di alberghi di montagna dove si sperimenta con l'ignoto.