Occorre leggere Lyotard come uno scrittore pieno di affetti. Il desiderio invade, investe la teoria. Come il Freud "viaggiatore apatico" che emerge dalle prime pagine di questi scritti "pagani", Lyotard è il filosofo-artista che non si cura affatto di essere un filosofo, se con ciò s'intende il pensatore che pensa e insegna preoccupandosi del "momento affettivo" della convinzione. Lungi dall'avvalorare il pregiudizio di una realtà da conoscere, egli dice che il Vero è "un affare di stile", dice che il discorso teorico non è che un caso particolare del processo del desiderio, e cerca di far vedere come funziona l'universo delle pulsioni, come all'interno del linguaggio ci sono tracce di altre cose, segni di un'altra forza che il linguaggio chiaro e meditativo nega, rinnega. Egli mostra in quale maniera, e quanto sofisticata, la teoria o la filosofia sono delle arti. (N.C.)