Il 25 maggio entrerà in vigore la nuova direttiva europea sulla Data Privacy. Al centro della direttiva c'è l'assunto che i consumatori e i frequentatori dei Social Network debbano essere i proprietari dei loro dati, pos- sano avere accesso ai propri dati e possano modificarli o cancellarli.
La nuova direttiva entra in vigore mentre società come Facebook stanno attraversando una profonda crisi dopo la scoperta che i dati di 87 milioni di persone sono stati passati a una società, Cambridge Analytics, che si occupa tra l'altro di fare campagne politiche.
Con il regolamento, la protezione dati assurge a obiettivo comune di cittadini, imprese, amministrazioni, rappresentando per essi, rispettivamente, un presupposto di libertà, una risorsa reputazionale e un fattore di legittimazione: diritto fondamentale cui si assegna una funzione sociale rilevantissima, principio del diritto pubblico europeo, interesse generale da tutelare non solo in funzione individualistica ma anche collettiva.
La nuova direttiva porrà dei limiti al numero limitato di imprese come Facebook, Instagram e Twitter che hanno il monopolio delle ricerche sul web e che dovranno allinearsi, anche se americane, alla di- rettiva europea. Le loro tecnologie stanno incidendo, sulla fisionomia propria degli Stati, non solo perché ne stanno scardinando il fattore identitario della territorialità, rispetto appunto a una realtà immateriale che si svi- luppa su reti e sistemi cloud, ma anche perché indebolisce la capacità dei singoli Stati di conoscere i fenomeni per poterli governare e intervenire a vantaggio della collettività.
La legge che entrerà in vigore il 25 maggio è una delle più importanti che sia mai uscita da Bruxelles.
Ci sono interrogativi ineludibili sui quali dovrà essere fondato il nucleo essenziale dell'agenda politica dei prossimi governi.
- Quanto l'esercizio, da parte di soggetti privati, di funzioni così rilevanti sulla vita collettiva, è davvero democratico?
- Qual è il criterio di legittimazione di tali funzionie a chi e con quali parametri rispondono, del loro esercizio, i "big tech"?
- Quali le garanzie dai rischi di classificazione errate,di informazioni parziali o incomplete, di modelli e sistemi difettosi?
- E chi dovrà garantire l'affidabilità e la trasparenza dei criteri usati per selezionare classificare, decidere?
- Come ripensare le norme giuridiche - anche in tema di responsabilità - rispetto alle applicazioni dell'intelligenza artificiale?
- Come assicurare, nel mondo dei big data, modelli equi ed efficienti sia di concorrenza che - insieme - di protezione dati?