"E perché vuole fare il rider?"
"Mi piace molto andare in bici. Lo faccio già, è il mio unico mezzo di trasporto in città. E poi... le persone. Le loro facce, le loro voci. Le loro storie."
Genny è un giovane ventitreenne, napoletano a Milano e, oltre a studiare al Politecnico, fa il rider: ma Le balene mangiano da sole non è un libro sui rider, non è un’analisi sociologica della categoria, e lo spunto del delivery è un felice pretesto per raccontare una storia di solitudini e fiducia, di cicatrici e di incontri.
Genny ha iniziato a fare il rider per scelta, per percorrere Milano in bici, per incontrare persone, per entrare nelle vite degli altri. Ogni ordine è una storia, da indovinare, in base ai gusti dei clienti, e Genny, che è un po’ un profiler un po’ un detective dell’anima, ci azzecca spesso. Un gelato al pistacchio, un hamburger gourmet, una cena di sushi lo portano davanti a porte sempre diverse, dietro le quali si celane persone, case e vite.
E in una Milano che esaspera le solitudini, quelle porte, serrate a tripla mandata a protezione di case fortezze, si aprono proprio a un estraneo qualunque con la sua consegna: e si aprono su spazi di amicizie giovani, su ambienti sofisticati e eleganti, ma anche su solitudini struggenti, dove il sapore di una pizza è compagnia e ricordo, una carezza di chi non c’è più, tanto basta a riempire una sera davanti al quiz.
Genny, che ha il cuore sensibile e ferito da un dolore straziante, ha l’occhio attento alle tante umanità sbirciate dal pianerottolo, e sa dare valore ai quei cinque secondi di contatto, che sono odore di case, incontri di occhi e espressioni da cogliere. Tutto senza rallentare il meccanico processo di consegna. Ecco la sua cena.
Poi una sera arriva l’ordine di Crispy World, e Genny si trova davanti Luca, dodici anni, occhi furbi, capelli a crestina e maglietta di Cavani. C’è la Champions alla tv, Genk-Napoli, e Luca è a casa da solo. È un istante, Luca invita Genny a guardare la partita con lui, lo inchioda sulla soglia.
Il dolore ha una sua grazia pudica, ma anche una firma indelebile che permette di riconoscersi nelle ferite altrui. E su un divano, con il pollo fritto e il Napoli alla tv, Genny e Luca si scoprono simili.
La loro è una storia di un’amicizia strampalata, in grado di colmare i vuoti con un lessico senza età, che parla di accettazione, di integrazione e di fiducia, con una malinconia leggera ma brillante che rende Le balene mangiano da sole una commedia emozionante.
“Il dolore funziona come il bluetooth: impiega un secondo a connettere due persone, e così a Genny sembra di essere già legato a quel ragazzino, perché in fondo a quegli occhi neri scorge una cicatrice, qualcosa che lo spinge a chiedere al primo spiantato che gli piomba in casa per consegnargli la cena di rimanere, di fargli compagnia e di ascoltarlo.”
Rosario Pellecchia parla del nostro oggi con i linguaggi universali del cibo, della musica, del calcio: sono quelle tracce comuni che riescono ad abbattere le frontiere dell’età, della cultura, della geografia, e avvicinano, permettono di scoprirci fratelli, di riconoscerci umani. Sono fili tesi tra le persone per unirle, saziando la fame di storie e di amore, stabilendo le regole di una comunicazione nuova, che fa arrivare calore: sono la funivia rudimentale che da una casa all’altra porta il casatiello della nonna, e per Genny bambino aveva il profumo della famiglia, il gusto della sua Napoli.
Si può vivere soli, ma si può guarire insieme, trovando un vocabolario comune, che non ha bisogno di parole. Le balene mangiano da sole è una storia di luce, che è scritta con la leggerezza di chi sa raccontare, senza retorica e senza paraculaggine, la grandezza del nostro piccolo mondo, dove si può sopportare l’assenza, si può curare il dolore, e si può anche battere Leo Messi.
“Quando monta sulla bici e comincia a pedalare, pensa a tutte le piccole cose, ai gesti minimi, ai pensieri delicati che tengono insieme il mondo. che gli permettono di non collassare, di non accartocciarsi su se stesso. A tutte le signore Maria che se ne stanno da sole a mangiare la pizza, mentre scelgono tra le risposte A, B e C.”
Recensione di Francesca C.