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Un romanzo sull’emarginazione e il pregiudizio, sulla dignità della donna e il suo bisogno di identità, sulla guerra e la sua sacrilega realtà. Un romanzo sulla redenzione e sulla vita. Ci voleva una penna come quella della scrittrice svedese Selma Lagerlöf, prima donna a vincere il Nobel per la letteratura nel 1909, a mettere insieme tanti temi in una fluida coerenza narrativa che fa di Bandito non solo una straordinaria storia ma anche una lettura di impressionante modernità.
Alla base delle vicende la Lagerlöf pone un’intensa riflessione sul valore dell’esistenza, e lo fa partendo da un peccato antico che suscita repulsione. Stev Elversson, cresciuto da una famiglia aristocratica inglese, nel corso di una spedizione al polo nord si è reso colpevole di un atto di cannibalismo, dettato dall’istinto di sopravvivenza.
Rientrato nella sua terra natale, cacciato dalla famiglia adottiva che lo aveva allevato, è accolto dalla condanna del giudizio pubblico, complice anche la rivelazione del parroco, che rende nota la sua storia.
“Uno dei peccati più antichi dell'umanità non viene più commesso nei paesi civilizzati. Non lo si può fare, perché suscita ribrezzo. Ma io quel peccato l'ho commesso. E sono più aborrito del diavolo.”
Guardato con disgusto, minacciato, processato e condannato dall’opinione collettiva di una piccola comunità, Stev si trova a vivere in una spirale di pregiudizio, alla quale risponde con un sorriso triste e con una disarmante mitezza. Da lì passa la sua redenzione, da atti pacati di bene pubblico, dalla disposizione all’ascolto e all’aiuto, da un bacio sulla guancia che lo salva da se stesso. Quello con Sigrun, la moglie del parroco, è un incontro tra due solitudini: lui bandito dalla società, lei “troppo amata” da un uomo possessivo. Due anime in prigione che si riconoscono, si accompagnano, rinunciano per rispetto e per amore uno all’altra, ma in qualche modo si salvano reciprocamente.
Stev è un uomo sensibile, Sigrun una donna consapevole dei propri diritti: entrambi anelano a una libertà che dipende dal giudizio degli altri e dai preconcetti sociali, entrambi toccano con mano che non basta la mitezza per guadagnare il proprio spazio dignitoso, serve un’asserzione dei propri bisogni. Così è la vita, con tutto il suo bagaglio di sbagli ma con tutta la consapevolezza del suo valore sacro, che richiede attenzione e continua dedizione, e che solo così può sconfiggere le maledizioni più feroci della propria stirpe.
Bandito è una storia di persone e sentimenti, ma è completamente una storia di luoghi: grande protagonista di Selma Lagerlöf è una natura bella, senziente, che sembra collaborare a una riflessione profonda sull’impazienza dell’essere umano, sulla sua arrogante incapacità di ascoltare e comunicare.
“Quell'afoso vento del sud portava con sé suoni irrequieti e angoscianti. Se lo si ascoltava a lungo, si rimaneva confusi, come ad ascoltare uno straniero che parla una lingua ignota. Nessuno sapeva che cosa volesse esattamente dire, se rivelare grandi segreti, o semplicemente sussurrare la voce di tutti gli alberi ingialliti, le ali di farfalla cadute, i nidi d'uccelli vuoti che aveva superato nel suo lungo viaggio fino a lì.”
Nel sentimento di sacrificio per l’altro, di consacrazione all’altrui benessere e serenità, è insito il pensiero dellaLagerlöf sulla sacralità della vita, il riguardo per la persona amata e l’avversione per tutto quanto corrompe l’anima. Da lì l’autrice riesce a virare da una narrazione intima di amore e peccato a una universale di vita e morte: perché in quegli anni la guerra spazza via tutto, convenzioni e certezze. E l’immagine di cadaveri che affiorano nelle acque del mare dopo la battaglia è la verità più scioccante che capovolge ogni senso del perdono, annulla ogni potere di giudizio sociale, e porta a riflettere quanto sia più importante lottare per i vivi, e quanto il vero disgusto della gente debba essere rivolto alla guerra e solo a quella.
“Se uno pensa che è sbagliato violare un morto, deve anche pensare che è mille volte peggio costruire strumenti diabolici che distruggono i vivi e rendono un uomo incapace di muoversi, condannandolo a un'intera vita disgraziata.”
Così le circostanze della vita di Stev Elversson e il suo destino conducono inaspettatamente alla salvezza, rivelando a tutti la nobiltà della vita, più preziosa di quanto mai sia stata proprio perché le sciagure della guerra la portano a diventare ogni giorno più importante.
La Lagerlöf conduce con intensità e maestria il lettore su un terreno impervio, incatenandolo a una considerazione pacifista di straordinaria attualità: è conoscendo l’orrore, è guardando in faccia i morti che veniamo a contatto con la realtà più profonda del nostro essere e con l’unica verità accettabile, che la guerra è totalmente esecrabile e ripugnante.
Bandito è un romanzo potente, costruito con la volontà di rifuggire qualsiasi linearità: è un vortice di distruzione e misticismo, romanticismo e azione, delicatezza e ferocia, sempre sul fragile confine tra legittimo e deprecabile. Il riscatto per Selma Lagerlöf sta nella conoscenza, che sola può condurre alla conquista più faticosa: il rispetto degli esseri umani e della vita.
“Tra qualche anno magari il ricordo della tristezza, della devastazione e del dolore di questa guerra potrebbe essere dimenticato, e quando arriveranno nuove generazioni, potrebbero di nuovo partire in guerra con spirito battagliero. Spetta dunque a noi rendere il disgusto per la guerra così connaturato al pensiero umano che nessun discorso sull'onore o l'eroismo possa più soffocarlo.”
Francesca Cingoli
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