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Quando un suo cliente si uccide dopo la lettura della sentenza, Solène si blocca, traumatizzata dall’episodio. Avvocato di successo, non riesce a liberarsi dall’immagine di quella morte di cui si sente responsabile: non basta la cura antidepressiva a farla uscire dal suo torpore di dolore, e lo psicologo la invita a reagire, impegnandosi in qualche cosa di concreto. Il suo consiglio porterà la vita di Solène a un capovolgimento. Un’inserzione di un’associazione di volontari, un rapido colloquio, e Solène fa il suo ingresso, diffidente e spaesata, nel Palazzo delle donne, nell’XI arrondissement di Parigi.
“La casa di accoglienza è molto più grande di quanto aveva immaginato: si aspettava un edificio sgraziato in fondo a un cortile, più o meno scalcinato. Coi suoi cinque piani, il palazzo svetta in mezzo alle altre costruzioni. Un ampio frontone con un arco a tutto sesto sovrasta l'ingresso. L'effetto d'insieme è maestoso, imponente.”
Solène ha il compito di scrivano per le donne accolte nel Palazzo: elaborando note, lettere, e ascoltando le loro storie, si trova in un mondo che non immaginava, così lontano dalla sua realtà fatta di comodità. Con il suo pc di ultima generazione Solène diventa un aiuto per le donne in difficoltà, trovando uno scopo, una cura per il suo animo ferito e un senso di prossimità che non credeva possibile: sarà quella la sua terapia, lottare per un rimborso di due euro, imparando il valore della miseria, scrivere una lettera alla regina di Inghilterra, perché nulla come un sogno aiuta a camminare a testa alta, guardare dentro il proprio cuore per scrivere con le parole dell’amore di una madre a un bambino in Guinea. Piangere e ballare la zumba in mezzo a donne ferite, guardarsi negli occhi e scoprirsi sorelle.
La sua storia sarebbe piaciuta a Blanche Peyron, che nel 1925 aveva individuato il Palazzo in rue de Charonne e aveva mosso tutta la Francia con la sua voce e la sua forza, per accogliere i fondi utili a comprarlo e trasformarlo in casa di accoglienza per donne in difficoltà. Al suo fianco il marito Albin, con lei sempre, in un sodalizio di amore e di impegno umanitario che hanno segnato la storia francese.
“Si, vivrò con te.
Sì, condivideremo la battaglia.
Si, sarò la tua amica, la tua compagna, la tua
complice.
Si, lotterò assieme a te, per tutta la vita.”
Quella di Blanche Peyron è stata una vita straordinaria di tenacia, che è un dovere conoscere. Entrata nell’Esercito della Salvezza, Blanche, la benestante Petite mondaine che amava divertirsi, si è trovata investita di una vocazione che non immaginava. Questa giovane donna ha fatto di tutto, prodigandosi fino ad ammalarsi per fare in modo che nessuna donna rimanesse senza un rifugio e un tetto sulla testa.
Irruente, appassionata, Blanche ha trascinato nel suo impeto politici e gente comune, parlando con il cuore e ottenendo l’impensabile, segnando la vita di tante persone, a partire da quel ragazzo che la vide un giorno cadere da un velocipede, scarmigliata e felice e se ne innamorò per sempre.
“Una stella cadente. È così che Blanche fa il suo ingresso nella vita di Albin. Il loro debutto è folgorante.”
Laetitia Colombani scrive un passo a due tra passato e presente, rendendo omaggio a una grande donna che ha lottato con grinta e caparbia per il benessere altrui, e al tempo stesso parlando di tutte le Solène che oggi come allora si prodigano in un progetto di assistenza e solidarietà. Il Palazzo delle donne è una testimonianza di un episodio determinante nella storia del volontariato, e il ritratto di Blanche e Solène, così diverse e così umane nelle loro imperfezioni, conferma il talento dell’autrice de La Treccia.
Il Palais de la Femme è sempre lì, al 94 di rue de Charonne, all’angolo con rue Faidherbe, e continua la sua attività.
“Solène pensa a Binta, a Sumeya, a Cynthia, a Cvetana, alla donna dei maglioni, alla signora con le buste della spesa. A Salma. Non ha idea di come gestire tutto questo, le vite segnate, le strade interrotte, il dolore confidato. Come te ne liberi? Come lo dimentichi? Come fai a continuare a vivere come se niente fosse?”
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