Sulla pelle si sono tracciati solchi putridi che spurgano dall’interno e li si sta a guardare compiaciuti e stupiti della bellezza rovinata in modo così perfetto. Il dolore è svanito nell’amarezza sadica stipata nel ventre che sta sempre più in basso, e ora dice di voler rimanere li. Si aprono gli occhi di soprassalto e si decide di andare fuori a toccare la notte. Ci si corrompe, un corpo vicino all’altro, toccandosi, sudando, e la carne si moltiplica. Il corpo di un uomo si moltiplica sotto le vibrazioni sonore che ne accelerano la percezione, la elevano a sentire il nulla più avanti che si fa sempre più vicino. La notte è materia e il corpo la assorbe come un animale fiero, si sdraia per terra e la racconta vomitando e urinando sul marciapiede. La mente ancora batte il tempo nel futuro che ha cancellato tutto per penetrare un livello parallelo, ha sfondato il tempo e lo spazio e ora guarda tutto da li, e non vuole più tornare. E respira. Righe madide sulla fronte e le reni spezzate dal buio, il corpo prova dolore nella disfatta. L’uomo non può guardare avanti, ma ripercorrere le tappe che lo hanno preceduto, inchiodandole smembrate a una lastra fotografica. La violenza ha trasformato la sua pelle come una lama, e ora fa male guardarsi allo specchio. Gira per la stanza, si allontana, si avvicina, e non trova un modo per placare il dolore tutte le volte che incontra la sua immagine.
