Better in the Dark Than His Rider è insieme una favola e un manuale di
sopravvivenza; nasce da una riflessione sulla natura delle immagini e sulla loro
vocazione notturna. Le fotografie di Francesco Merlini raccolte insieme nel libro
appartengono a periodi differenti e relativamente distanti uno dall’altro; le sue
immagini, provenienti dai quattro continenti, riflettono il peculiare punto di vista
di chi sembra mosso da fantasmi, come un sonnambulo, in cerca di qualcosa che
ha perso il nome. Il titolo è riportato quasi identico dalla prima frase di una pagina
di un manuale di ottica del XIX secolo. La frase originale – “[...] much better in
the dark than his rider” – si riferisce alla visione notturna del cavallo comparata a
quella umana.
La sequenza delle fotografie ruota intorno alla transizione ipnagogica tra veglia
e sonno. Le immagini sono i contenuti psichici della mente. Mentre durante il
sogno l’autocoscienza è sospesa, facendo apparire i contenuti reali nella misura
in cui li si è addormentati, nel dormiveglia è possibile condurre i sogni perché
parzialmente consapevoli di stare sognando. Nel sogno lucido c’è la coscienza
di trovarsi di fronte ai contenuti mentali dell’immaginazione, dai contorni
allucinatori. Il sogno è una condizione che ci abita senza sosta da svegli e da
addormentati. Grazie all’immaginazione, la materia dei sogni ritorna a essere
l’oggetto reale della mente.
