“Ci sono stazioni come Cala Marina in cui per anni non accade niente, poi, un giorno, un fatto straordinario turba la tranquillità del quadro, e tutto cambia.”
A Cala Marina, paese immaginario della Riviera, le giornate scorrono tutte uguali, soprattutto quando la stagione estiva non è ancora iniziata. A maggio, la località è sonnacchiosa, pacata, sospesa in un’apparente tranquillità.
La stazione per lo più si anima con l’arrivo e la partenza dei pendolari, volti noti al capostazione Dalmasso, che conosce le abitudini di tutti. Come quelle del professor Martinelli, due quotidiani all’edicola di Silvano e la fetta di torta al bar di Ludovica prima di salire sul treno che lo porta alla scuola nel capoluogo, a trenta chilometri di distanza, dove insegna matematica. O come quelle del tassista Bartolomeo, posteggiato fuori dalla stazione, che durante la stagione “bassa” trascorre il tempo a fare cruciverba, poche corse quando non ci sono i villeggianti dell’estate.
“Ci sarebbe parecchio da dire sulle stazioni”: luoghi di arrivo e di partenza, di incontro ma anche di ricovero, per chi vive ai margini, come Adelmo, che fa le pulizie e passa il tempo a guardare gli altri, invisibile dentro il suo silenzio: lui, muto, è pieno di parole e di racconti che scrive su un taccuino. Perché, a saper guardare, anche dietro la realtà più quieta si nascondono tante storie.
Tutti i giorni è così a Cala Marina, Silvano legge i fumetti nella sua edicola, Ludovica serve i caffè e vigila sulla sorella Sofia, Martinelli commenta i fatti di attualità e li interpreta secondo equazioni matematiche, Bartolomeo incrocia definizioni, Adelmo pulisce, osserva e ascolta.
Poi, un giovedì, dal treno scende Liliana Borromini, vestita di bianco, una bellezza abbagliante. È per tutti un’apparizione che nel giro di poche ore si trasforma in sparizione: la donna non è mai arrivata all’albergo dove era diretta, e nessuno l’ha più vista. Ma tutti la ricordano.
Viene incaricato dell’indagine il maresciallo Norberto, del tutto inadeguato al compito.
Ora dopo ora, mentre si investiga sul caso della bella Liliana, sotto la coltre di tiepida serenità di Cala Marina, si svelano malinconie e tradimenti, si scambiano teorie. Siamo negli anni 60, alle Capannelle si attende Gino Bramieri. Anni lontani da intercettazioni, telecamere, dna, social network. Si lavora con il taccuino in mano, con il fax e il gettone per la cabina telefonica, con un piede di porco in macchina e la soluzione sotto il naso.
“Gli viene in mente un pensiero: le parole intersecandosi fanno nascere nuove parole e sono come i treni che, spostando le persone, intrecciano i loro destini e fanno vivere nuove storie.”
Tutti i giorni è così ha un’emozione in più rispetto al classico giallo, è una commedia con il sapore dei bei tempi andati, raffigurazione godibile e vivace di un’umanità di provincia che vive in un mondo in miniatura e sogna la libertà: il primo romanzo di una nuova serie, con personaggi che l’ironia di Roberto Centazzo rende autentici e memorabili.
Recensione di Francesca Cingoli