È un racconto vorticoso che attraversa gli anni, quello di Cinzia Leone in Ti rubo la vita. Un racconto che è anche saga familiare, storia, politica, religione, amore, odio.
È soprattutto scelta. Quella del mercante musulmano Ibrahim, che per salvare i propri affari e garantirsi un futuro si appropria dell’identità dell’ebreo Avrahàm Azoulay, cambiando il futuro suo e della sua famiglia.
Tutto cambia, perché deviare dalla rotta della propria vita è un segnale di estrema modernità: imparare un altro mondo vuol dire ribaltare tradizioni e abitudini.
Ibrahim/Avrahàm ce la fa, costruisce la sua vita, diventa un affermato commerciante, vive oltreoceano, modifica ogni equilibrio.
Ma non è lui il protagonista: perché in Ti rubo la vita se gli uomini aprono le storie, sono le donne a imporsi, ruoli preponderanti. È Miriam, la moglie, che ha lo stesso nome della moglie di Avrahàm di cui prende documenti e realtà, un segno che è un continuo interrogarsi sulla propria identità.
In un mondo in cui musulmani e ebrei sono dimensioni contigue, più vicine di quanto appaia, dove la Turchia è un paese che anela al futuro, l’armonia si crea in un incontro e scontro tra tradizione e modernità, nella quale le donne indicano la strada.
Miriam afferma la propria identità, come Giuditta che, anni dopo, scappa dalle persecuzioni naziste, e accoglie un amore non ebreo. Una vita contro vento, contro dogmi e tradizioni, una vita che rivendica la possibilità di abbracciare mondi diversi.
C’è chi si sostituisce e chi invece riesce a mediare, per rimanere sé stesso.
O per trovare un rifugio a una vita di delusioni e mancanze. Lo farà Esther, lei mezza cristiana e mezza ebrea, nell’incontro con Ruben, e con un amore che è un contratto fatto di clausole e sicurezza.
Un’adesione religiosa come nido, una scelta, quella di Esther, che ha la formula del dialogo, dove la parola ha il potere di ripulire i dolori del passato e di insegnare una nuova appartenenza, di un uomo e di una donna, di un popolo e di una fede.
Miriam, Giuditta, Esther: donne forti che sanno scegliere, che mutano le loro vite, fuggono da sé stesse per ritrovarsi, abbracciano mondi diversi, accettano di costruire mediazione e cambiamento. Sono le donne a essere consapevoli che dentro di noi si annidano le anime di chi abbiamo conosciuto, e che indicano un percorso: ebraismo, islam e cristianesimo trovano in Ti rubo una vita una coesistenza appassionata, che supera ostilità, odi e menzogne, segnando una possibilità, addirittura familiare, che attraversa le generazioni.
Un racconto di esistenze che parte da Giaffa, passa attraverso Istanbul, Gerba, Miami, Ancona, Roma e termina a Tel Aviv dove emblematicamente tutti i pezzi della storia acquistano una loro dimensione trasparente e libera da ogni oscurità del passato.
Ti rubo la vita è una grande storia, che nel Mediterraneo dei mercanti trova il suo più ricco palcoscenico, vociante e variopinto, dove davvero i popoli si incontrano, si mescolano, crescono in un’identità comune e empatica che mette insieme tante vite, e le fa turbinare, facendole vibrare all’unisono.
Recensione di Francesca Cingoli
