La pressione migratoria ha riportato al centro dell'attenzione il tema delle frontiere e dei confini, nonché dei diritti e della cittadinanza. Con questo paradosso: gli Stati nazione da un lato hanno ceduto parte della propria sovranità a organismi superiori, sono immersi in mercati globalizzati e non possono, nell'era di Internet, tenere sotto controllo la comunicazione; dall'altro essi si ritrovano a difendere singolarmente il territorio, intensificando i controlli alle frontiere, chiudendo talvolta l'ingresso ai migranti o negando loro l'accesso ai diritti. Sembrerebbe quindi un "ritorno" dello Stato nazionale e delle sue prerogative. Ma lo Stato non è più quello conchiuso di stampo ottocentesco, i confini sono più malleabili e mobili a seconda delle esigenze, la cittadinanza non coincide ormai con quel blocco unico di diritti che la contraddistinguevano e che possono essere assegnati e goduti disgiuntamente. L'apparente rivincita del territorio implica di fatto la necessità di cambiare il modo di intendere "Stato", appartenenza, sovranità.