Molte delle analisi critiche dell'opera di Medhat Shafik puntano sulla nascita dell'artista e lo considerano "tramite" fra due culture, quella egiziana o mediorientale e quella dell'Occidente. A parte il fatto che appare difficile individuare una identità dell'Egitto nell'arte di oggi, si deve sapere che Shafik è a Milano da quando aveva venti anni, che ha studiato alla Accademia di Brera e che, da più di una generazione, le sue scelte sono legate all'Informale, all'Espressionismo Astratto, al gruppo CoBrA, per non parlare delle sue consapevolezze dell'Arte Concettuale e dell'Arte Povera. Il saggio vuole perciò considerare la funzione del disegno e quindi della "scrittura" nelle opere in mostra, centinaia di disegni e due grandi strisce lunghe decine di metri, che Shafìk ha chiamato "Archetipi".