"La poesia di John Taggart ha il respiro meditato e profondo, l'estensione quieta e maestosa degli spazi della sua Pennsylvania: una vastità generosa di scenari in larga parte rurali, dove i giorni si fanno di rassicurante routine, di abitudini e tradizioni secolari. È la terra della cultura Amish (la cui lingua è detta non a caso Pennsylvania Dutch), chiusa nelle sue granitiche consuetudini, nel suo ricercato, intestardito isolamento. Ma la versificazione di Taggart, solo all'apparenza semplificata, colloquiale - e invece fortemente influenzata dalla poetica oggettivista di Louis Zukofsky e George Oppen possiede anche, tra le pieghe di un rapporto serrato tra senso e suono, il ritmo scandito, le sincopate, ragionate ripetizioni del rhythm and blues. Le sue 'Pastorali' sono canzoni intense e brevi, delicate e incise di sottile ironia, che restituiscono un mondo quotidiano, dove gli oggetti vivono la vita dei ricordi a cui sono allacciati, l'ambiente quella segnata dall'evidenza persistente dell'intervento umano." (Cristina Babino)