"La mafia, le stragi, le trattative: una storia terribile, ma finita. Una storia a lieto fine. Archiviata". Buona per il cinema, secondo Roberto Cascio, uno dei dannati al 41 bis, mai pentito, detenuto modello, ora libero. Come altri stragisti. Anche lui ha una storia da raccontare, diversa da quella ufficiale. Ci pensa da trent'anni, da quando sua moglie, l'unica cosa bella e normale della sua vita, l'ha lasciato. Un vuoto profondo ("pure uno come me tiene un cuore"), sensi di colpa e rimpianti . Per non impazzire, in carcere, ricostruisce antefatti, fatti, doppi e tripli giochi, patti tra il mondo degli insospettabili e quello dei criminali. Mondi che si incontrano, si toccano, si accordano. Patti di cui puoi parlare se sei libero, al sicuro. "Se sei uno che conosce segreti, in carcere può capitare che arriva un magistrato e ti fa domande. Poi entra qualcun altro che vuole sapere cosa gli hai detto. Ti chiede come sta la tua famiglia, ti dice che ai tuoi figli ci può capitare una disgrazia. E se ne va, lasciandoti una busta di plastica. Ti sta dicendo "Meglio che t'ammazzi".