Ogni momento di vita della fotografia è frutto di una relazione e il significato dell'immagine non va cercato rigidamente all'interno del proprio perimetro, ma nella relazione che il testo visivo nel suo insieme intrattiene con il lettore, che lo interpreta in funzione delle proprie competenze enciclopediche, del testo che accompagna la foto e del contesto in cui è inserita. Per districarci nel mondo polisemico della fotografia che abbiamo di fronte agli occhi, si rende necessario un testo verbale, un titolo, una didascalia, una frase che attivi dei percorsi interpretativi basati su quelle che Umberto Eco chiama "inferenze di sceneggiatura", ovvero basandosi su attese e contesti che il lettore immagina in base alla propria enciclopedia. Con la medesima foto si possono dire tante cose di senso anche opposto andando ad aprire di conseguenza un problema: se la medesima foto può dire cose diverse, può non dire la verità? La risposta potrebbe scardinare una falsa certezza vecchia quanto la fotografia, che vorrebbe l'immagine fotografica come verità assoluta, come traccia del reale o, per dirla con Peirce, come indice. Prefazione di Vincenzo Idone Cassone. Postfazione di Marina Sozzi.