In questo nuovo libro di Liotta e Mazzone, il vulcanico pecoraio siciliano, protagonista del precedente romanzo "Ho scritto Tano sulla sabbia", è intento a godersi la celebrità conquistata. Durante un'intervista rilasciata a una rivista specializzata in storie di successo imprenditoriale, Tano viene interrotto da un uomo austero che gli comunica che Cala della pecora, la splendida tenuta di famiglia, non risulta essere di sua proprietà. Com'è possibile? Il padre di Tano è morto da tempo ed è sepolto nel cimitero locale; la morte del nonno, invece, non è mai stata notificata. Forse è ancora vivo? Tano inizia così un'accurata indagine sulle proprie radici: dalla nascita del nonno paterno, divenuta leggendaria, alla sua sparizione, cercando di rispondere ai tanti interrogativi che circondano la sua famiglia. Perché il nonno era fuggito? Chi era la donna dallo scamiciato a fiori con cui si incontrava? Cosa li legava alla casa del barone? E, soprattutto, chi è il misterioso uomo che si aggira in città? Il tema dello scontro tra padri e figli, di generazione in generazione, è la colonna portant del romanzo: al nonno amante dei libri e delle domande filosofiche si oppone il padre che sceglie di essere tutto il contrario: un vero campione del pragmatismo siciliano. A Tano, poi, si contrappongono, in vari modi, i figli, che a tratti sembrano perfino vergognarsi dell'esuberanza paterna. Sullo sfondo, lungo lo scorrere degli anni emerge un ritratto della società siciliana, della sua anima e del suo carattere, con la sapidità del dialetto delle conversazioni quotidiane e dei proverbi tradizionali e con l'umorismo a tratti amaro, a tratti paradossale che fa molto ridere, ma anche riflettere.