In questo testo l'a. Sostiene che 'nella naturopatia vi è ignoranza della realtà autenticamente metafisica, ma anche dell'uomo e della natura della sua anima, e conseguentemente del suo fine di bene, così essendo, la naturopatia non può che sviare l'uomo dal suo essere, per indirizzarlo, nonostante l'ingannevole linguaggio adoperato, al male-essere. La naturopatia conosce solo l'uomo carnale, il soggetto identificato col corpo e rivolto al corpo, alla vita corporea, la distinzione operata circa i "livelli dell'essere" e la correlazione tra i componenti dell'uomo vivente sensibile, non fa altro che fissare la condizione catabasica del Vero Uomo. Dopo questa inversione della descrizione della natura dell'uomo l'animo viene alienato dal suo essere ed è posto di fatto alle dipendenze del corpo, per ricercare una sensazione di piacere, ingannevolmente definito bene-essere o peggio salute. Una volta esclusa la prassi che lo stabilisce nell'essere, l'animo si porta al non essere, ma ciò per lui significa essere nel male, o nel male-essere, in quanto privato dell'atto del suo essere proprio. Questo indirizzo volto al "benessere" sensibile comporta la realizzazione a rovescio della salute, cioè il costituirsi della malattia radicale.'