"La monaca di Monza è prima di tutto una donna. Con questo progetto abbiamo inteso offrire al pubblico una ri-lettura di uno dei personaggi dei Promessi sposi che più hanno colpito l'immaginario collettivo dell'universo manzoniano - spiega l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Massimiliano Finazzer Flory -. In questa esposizione, proponendo al visitatore di assumere uno "sguardo dall'alto" e un attraversamento trasversale, vogliamo ripensare lo sfondo storico della vicenda letteraria, la documentazione originale del processo, l'interpretazione pittorica di questa tormentata figura femminile, la ricchezza delle trasposizioni teatrali e cinematografiche. Per sondare nelle pieghe dell'animo di Gertrude, a cui uno dei più noti riduttori - Giambattista Nasi - attribuiva tale affermazione: "La notte lascia un campo per maturare i pensieri", la complessità e la profondità della condizione della donna in quell'epoca, le aspirazioni e le frustrazioni di uno spirito moderno in cerca di identità e libertà".
Il percorso si snoda tra verità storica e rilettura romanzesca della figura di Marianna de Leyva, in religione suor Virginia, a tutti nota come la Gertrude dei Promessi sposi.
Gli eventi della Monaca di Monza sono indagati all'interno di un tema ben più vasto che riguarda la condizione femminile nella prima età moderna, con una particolare attenzione al fenomeno delle monacazioni forzate. L'argomento è analizzato non solo in rapporto all'esperienza claustrale, ma tocca trasversalmente altri aspetti della reclusione femminile, sempre determinata dall'autorità paterna e coniugale. A tal proposito, saranno le figure di donne private della libertà - Anna Bolena, Lucrezia Borgia, Pia de' Tolomei, Isabella Orsini - a introdurre il percorso espositivo.
Su tutte si erge però il personaggio della "grande peccatrice", restituito dal racconto di una storia privata che si intreccia con la vita e la cultura della Milano del Seicento.
La figura di Marianna viene ricostruita attraverso i documenti relativi a episodi della sua vita e alle famiglie da cui discese, i de Leyva e i Marino, proprietari dell'omonimo palazzo, ora sede del Comune di Milano, attraverso il carteggio con Federico Borromeo, custodito all'Ambrosiana, nonché attraverso gli Atti processuali, eccezionalmente esposti al pubblico, contenuti nel manoscritto conservato all'Archivio storico della Diocesi di Milano.
Gli Atti raccontano gli eccessi della società milanese del Seicento che crede ancora nei malefici e negli esorcismi e che affida alla tortura il compito di estorcere la verità, ponendo il colpevole in stato di profonda umiliazione.
Dopo essere stata murata per tredici anni in una cella del convento delle convertite di Santa Valeria, Virginia viene riabilitata alla vita conventuale e consegna alle lettere scritte al Cardinale Borromeo il messaggio di una "verace penitenza", di un'espiazione dolorosa e convinta, di una pacificazione raggiunta.
Alla drammatica voce della verità storica si so