Il 23 luglio del 2011 moriva la giovane cantante inglese Amy Winehouse.
A distanza di dieci anni, la sua morte rimane in mezzo a una nebbia di illazioni, di compianti, di poche certezze.
Alcune di queste certezze le conosce solo l'amico di infanzia di Amy Winhouse, Tyler James, che affida le sue memorie al saggio biografico La mia Amy.
In La mia Amy, James ripercorre la vita che come intimo amico ha trascorso al fianco della tormentata e geniale Amy Winehouse.
I due si sono conosciuti all'età di tredici anni e James in La mia Amy racconta tanti aneddoti: l'incontro alla scuola di arte drammatica, i passi fatti insieme come adolescenti insicuri, fino al successo di Winehouse, la scrittura del suo album di più grande successo, Back to Black, scritto in terra sul pavimento della cucina che condividevamo.
La mia Amy non è solo autobiografia che scava e ricorda una vita finita precocemente, né le genialità di una grande cantante.
La mia Amy è anche un ritratto onesto e straziante: della celebrità e delle dinamiche che porta con sé, della dipendenza, dell'impossibilità di uscirne.
Se Amy Winhouse ha conquistato critica e pubblico con il primo singolo tratto da Back to Black, Rehab (in cui parlava proprio di rifiuto ed impossibilità a disintossicarsi), a condurla alla fine è stata proprio la dipendenza, solidamente intrecciata ai vuoti mai colmati.
E la fama, come è raccontato in La mia Amy, ha deformato la sua realtà.
La mia Amy è un ritratto commovente firmato da una persona che conosceva i lati di Amy Winehouse che nessuno conosceva, quelli più lontani dai tabloid, quelli della Amy irruenta e sempre disposta ad aiutare gli altri.
Intimo, commovente, vero.
Recensione di Stefania C.