Le storie sono sempre esplose dentro Elena, scrittrice, una mente avvezza a leggere e interpretare le emozioni e metterle su carta. Attorno a lei una città verticale e in movimento, New York; accanto a lei Patrick, un amore col quale gli attimi di normalità acquistano senso.
Poi una notte un aneurisma ferma il tempo, sbriciola ogni quotidianità, creando voragini nell’animo e paure da riempire di pensieri. Bisogna ascoltare il corpo, interpretarlo e capirlo, eliminare tutto quanto è dannoso, prendere gli attimi e amplificarli, vuoti di attività.
L’aneurisma crea un nuovo ordine, nuove priorità, e porta Elena e Patrick lontano, nell’Auvergne, terra di lui, dove ricominciare, altri ritmi, un senso nuovo di appartenenza da costruire per Elena: luoghi diversi, persone che hanno un passato che lei non conosce, muri che hanno una memoria che lei deve imparare a fare sua. Uno spazio di non familiarità, dove iniziare da capo, con più lentezza e meno fragore.
Il tempo orizzontale della malattia si intensifica nel tempo verticale della memoria, un continuo lavorio del pensiero per Elena che ancora non riesce a riprendere la scrittura, un’opportunità per ricomporre i frammenti, mentre tutto necessariamente è fermo, circondata dall’amore accudente e pervasivo di Patrick, che cucina, non la perde di vista un attimo, si prende cura della sua convalescenza più di quanto non voglia fare lei stessa.
La casa dell’infanzia di Patrick li accoglie nel paesino di Mézac. ai piedi del vulcano Puy de Lúg, una presenza quieta, un’immagine da guardare dalla finestra.
Durante una visita dei genitori di Elena, improvvisamente e inaspettatamente, il vulcano si risveglia e inizia un’eruzione violenta che isola tutti i paesi per chilometri. È una convivenza forzata, tutti chiusi in casa, finestre sbarrate, il tempo di una visita prolungato senza programma, l’incertezza delle notizie e il fumo nero fuori, la diffidenza verso un luogo che si rivela il più inospitale e inadatto a una convalescente.
È un tempo sospeso che li avvolge, un momento per fare i conti con le schegge più insignificanti del ricordo, con il magma dell’anima che anch’esso, pacato per anni, inizia a liberarsi, riempiendo di scintille e cenere, vere e metaforiche, le giornate di Patrick, Elena, e dei suoi genitori.
In quel misto di nostalgia e attesa, c’è anche spazio per la tentazione più forte, quella di tornare figlia, ritrovando un interstizio sicuro dove nascondersi, superando il confine tra libertà e paura. Fuggendo dalla realtà adulta che vuole energia e progetti, una volta guariti, e forza raddoppiata. La tentazione di non rendere conto a nessuno.
Un libro, La memoria della cenere, che si nutre di frammenti di vita, restituendo alla memoria una dignità importante sulla quale si costruisce e in alcuni casi si ricostruisce un senso e un equilibrio al presente, concedendo una possibilità al futuro. La scrittura di Chiara Marchelli è forte di un’intensità e di una potenza che gonfiano il cuore di emozione, portano scompiglio nei sentimenti e regalano la pace di cui sono capaci le rinascite.
Recensione di Francesca Cingoli