La raccolta dei Rospigliosi è fra le collezioni romane una delle più illustri e meno conosciute. Conservata
da sempre nel Palazzo Pallavicini Rospigliosi, è nata e si è sviluppata insieme alla notissima collezione
Pallavicini, ma per una sequenza di vendite e dispersioni ha perduto alcuni dei suoi grandi capolavori (fra
cui cinque Poussin) ed è rimasta a lungo nell’ombra. Ciò non toglie che all’ultimo piano del palazzo siano
ancora conservati oltre cento dipinti e sculture, anche di grandissima qualità. I restauri avviati nel 1996
dalla Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, nuova proprietaria dei quadri e delle sculture, hanno
portato ad una piena valorizzazione dei dipinti, permettendo nuove ipotesi attributive. Sono così tornate
in luce opere del Guercino, di Mattia Preti e Luca Giordano, del Maratti, del Conca, del Luti, frutto del
collezionismo dei Rospigliosi attraverso due secoli. I suoi protagonisti furono tanti e diversi: primo fra tutti
Giulio Rospigliosi, legato al Poussin, a Claude Lorrain e al Bernini, che fu anche poeta ed autore teatrale.
La sua corrispondenza fornisce dettagli preziosi sulle scelte di committente e sul modo di realizzare e
collocare i dipinti. Più tardi, sullo scorcio del Seicento, Maria Camilla Pallavicini Rospigliosi, collezionista
alla moda, fa incetta di quadri con fiori, nature morte, battaglie e paesaggi, molti ancora conservati nel
palazzo. Camillo Rospigliosi, suo nipote, appassionato allevatore di cavalli, li fa ritrarre in una curiosa
sequenza di quadri oggi al Museo di Roma, ma compra anche dipinti di Manglard, van Wittel e Andrea
Locatelli continuando la predilezione della famiglia per la pittura di paesaggio.
Il libro che attraverso i documenti illustra anche lo stato della raccolta alla metà del settecento e
dell’ottocento, prima delle dispersioni, pone in luce un nucleo di opere essenziale per la conoscenza della
pittura e del collezionismo nell’età barocca.