La casa cantoniera di Michelangelo Zizzi è un'opera prima, composta dall'autore quand'era giovanissimo. Eppure la sua freschezza vitale è rimasta intatta, così come la dirompente energia che lo muove. È sicuramente uno dei tre o quattro più notevoli della generazione dei nati dopo il '60. Ciò che subito coinvolge è l'ampio respiro e il movimento incalzante che, di poesia in poesia, viene a comporre una sorta di poema libero, aperto, dagli innumerevoli rivoli interni. Zizzi descrive un luogo, una casa cantoniera, e ciò che il ricordo, la realtà o anche l'inesauribile fantasia del poeta vi hanno stipato. Un ampio respiro che a volte sembra persino prendere la mano all'autore, che pure ha momenti di lucidissimo controllo, di scrittura asciutta e scandita, essenziale, come nei testi iniziali, composti con lucida esattezza e sicura economia di immagini. Zizzi lavora su due registri differenti: il primo razionale, che gli consente di dire e definire entro confini e contorni precisi; il secondo visionario (il libro è dedicato a Dylan Thomas) dove l'autore si lascia invadere da vere e proprie catene di immagini. Né mancano soluzioni, non meno efficaci, in cui i due registri.