L’Isola che non c’è
È l’isola che non c’è il mio sogno, fatto dai colori del cielo,
del mare, della terra arsa e calcificata dal sole e dal vento.
Un posto remoto, irraggiungibile, lontano dal vacuo mondo
fatto di caos e solitudine.
Un’isola dove la vita ha un senso compiuto, carnale,
dove ritrovo rimandi familiari, dove il dolore e il piacere
si fondono in un’unica sostanza, dove le mie spaccature
riemergono nelle rocce in continuo cambiamento.
Un rotolare di sensazioni controverse, fatte di terra e di acqua,
sulle quali il mio sguardo si pone, ritrovando pace. È
così che il mare lenisce le ferite procurate dai nidi spinosi,
le lacrime raccolte e bevute, i semi perduti.
In essa ritrovo il ritmo di vita e morte, dove tutto ha un
senso, anche il disfarsi della materia diviene momento di
gioia perché futura rinascita, affrontata in rapide salite,
attraverso strade prive di punti di arrivo, case cieche, scale
sospese… Naufragi, delusioni, abbandoni.
Sono i segni che ritrovo a mostrarmi la gratitudine che
provo per questo passaggio; aggrappata all’isola che non
c’è provo a navigare a vista, evitando burrasche e scoprendo
nuove rotte perché, l’Isola che non c’è sono Io.
naufragi
delusioni
abbandoni
Perchè
l’isola che non c’è
sono io
Isabella Tholozan