Mimì vuole che lo lasciano in pace, e nella testa gli rimbomba una parola, a Mimì, una parola sola. La parola “basta”, in testa, Mimì. Basta.
Mimì è il padre di Michele, morto suicida a soli quindici anni. Il suo è un dolore atroce che lacera e fa perdere la testa, trasforma in una bestia, ha sete di vendetta, ha bisogno di qualcuno da odiare. E lo trova in Nicole, che aveva riso in faccia a Michele, e non l’aveva voluto, seduta su un motorino fuori da scuola.
Nicole, troppo bella per lui, troppo sicura di sé, troppo bambina per capire le poesie di Michele.
Ma Mimì delle poesie del figlio non sa nulla, lui è un boss, è il capo della Sacra Corona Unita, e quando la bestia vuole sangue, lo ottiene sempre.
Nicole, te lo sai cos’è la Sacra?
Ci sono gli alberghi, dove finiscono quelli che sgarrano tanto, e lì vengono puniti, e non tornano più. Poi c’è una casa, una prigione, dove vengono portati quelli da spaventare, spezzati per sempre. Il guardiano del tugurio, lurido di sporco, di sudore e di sangue, è Veli. Sta lì, una specie di Minotauro in gabbia, bestia pure lui, carceriere per aver osato innamorarsi della figlia di Mimì. Destinato alla solitudine allucinata di violenze.
A lui portano Nicole, in attesa di decidere cosa farne. Una bambina spaventata, mascherata da donna per farsi forza, bestia pure lei, una bestia in gabbia, a dormire nello sporco, a soffrire la fame, con Veli che la guarda, la pelle dolce che sa di buono. Vera lei, tutta vera.
Gli occhi che ha: Veli li vede quegli occhi, quando piange, quando implora pietà, quando canta le canzoni dei Nirvana. E quegli occhi lo squarciano dentro. As a friend, as a friend. As an known enemy.
Un cuore vero, un sorriso vero, talvolta affiora anche a lui, ricacciato subito indietro dalla paura, dalla vergogna, dalla maledizione di quella violenza addosso, la sua condanna.
Io sono la bestia è una storia di sofferenza e odio, non è una storia di mafia. La bestialità di questa storia è di tutti, vittime e carnefici, senza redenzione, senza speranza.
Non c’è luce nel paese di Mimì, dove si diventa adulti con la violenza, e con la violenza si continua a vivere, in un crescendo continuo di brutalità, dalla quale non si salva nessuno, dove le case puzzano di cibo e i sentimenti degli adolescenti sono soffocati da destini già segnati dalla sofferenza più cruda, un mondo senza umanità.
E un po’ di mamma la vorrei, ora. Incredibile. In questa paura che non capisco. Un po’ di mamma. La vorrei.
Raccontato a più voci, con un andamento che diventa a tratti ossessivo, Io sono la bestia è un romanzo corale estremo e spietato, che vuole essere disturbante, e ci riesce, non risparmiando nulla.
Rendendo protagonista la rabbia più viscerale e profonda, Andrea Donaera riesce in un’impresa inaspettata: fare poesia con l’orrore più cupo, e firma un romanzo d’esordio memorabile.
Recensione di Francesca Cingoli