Arrivammo a Ponte Valleceppi che via del Mandorlo era già chiusa dai nastri di plastica bianca e rossa che i carabinieri stendono per isolare la scena del crimine. Era una domenica di luglio, faceva caldo, tutto era immobile, non correva una parola tra le decine di persone che stavano lì come pietrificate da quell'orrore verso cui guardavano con gli occhi lucidi, non era sudore, dietro gli occhiali da sole. Testimoniavano con il gesto semplice della presenza un sentimento che, in quel momento, neanche loro, sapevano identificare perché, era evidente, andava oltre la curiosità: sgomento forse sì, quello è stato immediato, non c'è bisogno di farselo dire. Un'auto degli inquirenti, il magistrato, le tute bianche della scientifica, il grido della disperazione di un parente, ecco un amico che ha appena saputo. Avremmo raccontato, tra qualche ora, per i nostri giornali, per le nostre televisioni, un'altra tragedia dalla trama in fondo lineare nella sua cruda realtà che riproduceva altre crude realtà che avevamo già conosciuto e che conosceremo ancora negli anni a venire.... È il paradigma di un femminicidio. Anzi è un femminicidio!