"Sulla strage di via D'Amelio si è consumato il più grande depistaggio della storia d'Italia, il culmine di quei misteri che hanno inquinato la vita della nostra Repubblica. Ma se il depistaggio fosse una necessità del potere e la storia nient'altro che una successione di fake news?" Quando, il 19 luglio del 1992, un'autobomba distrusse via D'Amelio a Palermo uccidendo il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, il depistaggio che mirava a nascondere colpevoli e mandanti era già iniziato. E sarebbe continuato per più di vent'anni. Enrico Deaglio, uno dei pochi giornalisti italiani ad aver raccontato questa vicenda terribile e incredibile nei suoi più minuti dettagli, parte da questo "depistaggio perfetto" per tracciare una breve storia e fenomenologia dell'insabbiamento, dell'accusa posticcia, del complotto per nascondere la verità: tutte cose su cui l'Italia repubblicana non ha l'esclusiva, ma di certo molta esperienza. Dall'affare Dreyfus al delitto Kennedy, dai romanzi di Sciascia ai film di Hollywood, dalla Sicilia mafiosa indietro fino alla millenaria storia del biblico capro espiatorio, Deaglio ci conduce in una galleria impressionante di casi e ricorrenze, all'inseguimento di una verità che viene a galla - se viene a galla - troppo tardi per cambiare le cose, buona al massimo per scriverci libri di storia, lasciandoci il dubbio che sia la natura stessa delle cose, del potere e della società, a garantire l'esistenza e la costante fortuna del depistaggio.