Quando il termine 'identificazione proiettiva' fu introdotto nel linguaggio della psicoanalisi, già esisteva un materiale molto ricco, per quanto non sistematizzato, sul concetto di identificazione. Per primo Freud, poi Abraham e Ferenczi, come pure Anna Freud, contribuirono a delineare la nozione di 'identificazione'. Fu però Melanie Klein a dare profondo spessore teorico al concetto, concependo l'identificazione come creatrice di un intero mondo interno sin dalle prime fasi dell'esistenza, attraverso i processi di introiezione e proiezione. La Klein giunse nel 1946 alla definizione dell'identificazione proiettiva', un meccanismo di difesa utilizzato precocemente dall'Io in stati di ansia in cui, in una fantasia onnipotente, scinde e proietta parti di sé nell'oggetto. Il presente volume risale alle origini del concetto esaminando i lavori pubblicati e non pubblicati presenti nell'Archivio Melanie Klein. Viene ricostruita la sua successiva evoluzione nell'opera dei kleiniani inglesi, nonché la storia di come esso sia stato accettato o rifiutato o trasformato da parte di analisti di diverse scuole psicoanalitiche in Inghilterra, Europa e America. Si tratta di un concetto che ha sempre sollevato un particolare interesse tra gli psicoanalisti, sia per il suo ruolo nello sviluppo infantile, normale e anormale, sia per il potere illuminante che l'identificazione proiettiva può assumere rispetto al funzionamento della comunicazione tra paziente e analista...