Nel centenario della morte del card. Giuseppe Prisco (1833-1923), arcivescovo di Napoli, gli autori di questo libro, originari del medesimo hinterland vesuviano dell'illustre presule, propongono una biografia documentatissima, ma anche divulgativa e, perciò, avvincente come un romanzo, dell'uomo di Chiesa, del docente e del filosofo Prisco nell'Italia del suo tempo. Il Cardinale si rese, infatti, protagonista di primo piano nel periodo storico che va dall'Unità d'Italia al Primo dopoguerra, per essersi fatto paladino della politica vaticana, col suo insegnamento neotomistico (gli furono devoti e grati allievi tra le centinaia Benedetto Croce e Bartolo Longo), con la formazione di sacerdoti e d'intellettuali laici, con le illuminate conferenze e le moltissime pubblicazioni, in un italiano, definito da Bartolo Longo "limpido e spigliato," ma fu anche un sollecito e generoso pastore del popolo della sua diocesi in tutte le calamità che la travagliarono: l'eruzione vesuviana del 1906, il terremoto calabro-siciliano del 1908, il colera del 1910 e la Grande Guerra del '15-18. Maestro di elevato pensiero, decano del Sacro Collegio Cardinalizio, Pastore per cinque lustri della Arcidiocesi napoletana, del Prisco si lodarono l'armonia tra la mente e il cuore, tra la scienza e la pietà, tra la prudenza e l'energia di governo, il tutto amministrato dalla naturale dolcezza del suo carattere.