I recenti eventi sismici avvenuti in un'area - la Pianura padana - dagli specialisti non considerata particolarmente soggetta ai terremoti, evidenziano più che mai l'importanza non solo della preparazione tecno-scientifica, ma anche di un'adeguata memoria storica. Cosa che non faceva difetto a Mario Baratta, il grande pioniere della sismologia in Italia. La sua opera monumentale, "I terremoti in Italia", ci ricorda infatti come già intorno alla metà del Cinquecento l'Emilia fosse stata vittima di un sisma analogo a quello attuale. Nel 1570 colpì duramente Ferrara e lo sciame continuò per quattro anni, con oltre 2.000 scosse di assestamento concentrate tra il novembre 1570 e il febbraio 1571. Fu un disastro da cui la città e la dinastia dei suoi sovrani, gli Estensi, non si ripresero più. La popolazione fu costretta a cercare rifugio in ricoveri di fortuna. Perfino la corte fu trasferita in tende di fortuna. E così la popolazione fu colta da un generale senso di disorientamento e di sfiducia nell'opera umana e nel destino stesso della città. Il terremoto fu infatti interpretato da un lato come segno dello sfavore divino nei confronti di Ferrara e dei suoi sovrani. "I terremoti in Italia" rappresenta la descrizione più dettagliata possibile di ben 1364 terremoti avvenuti in Italia negli ultimi duemila anni. Pochi anni dopo l'evento, fu Baratta a dare la più minuziosa descrizione della catastrofe sismica che distrusse nel 1908 Messina e Reggio di Calabria.