Il bianco e nero di Riccardo Venturi non è un bianco e nero “normale”, nemmeno nella sua consustanziale attitudine a far emergere maggiormente forme e dettagli grazie ai passaggi chiaroscurali attraverso toni di grigio.
La tridimensionalità qui è ancora più evidente e i volumi e i corpi, persino gli sguardi anche quando il volto è di spalle, si fanno più puri.
Le ombre, grigie o nere, assumono la stessa importanza degli oggetti, delle persone, degli spazi che le producono. Un ritmo, un tempo, le pause appaiono particolarmente marcati.
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Riccardo Venturi
Riccardo Venturi Haiti Aftermath Port au Prince gennaio 2010 Una donna durante una cerimonia religiosa per commemorare le vittime del terremoto
Tutto si staglia in modo netto e assume una forte espressività. La profondità spaziale è assolutamente e ancor più leggibile attraverso gradienti di grigio con cui Venturi sembra agire in un modo particolare, nell’atmosfera che si frappone tra lui e i soggetti. Il dolore e la paura perdono la pornografia che a volte può avere il colore, e risultano più assoluti e intensi.
Azione, e poi accoglienza e riflessione, sono un alternarsi costante della proiezione delle immagini, quanto del libro, quanto del progetto stesso.
E l’ atto di un respiro e di una riflessione torna spesso. Vicino forse a quello che vive in diretta Riccardo Venturi, quando sceglie di fotografare in pellicola, costretto a sedersi, fermarsi quando deve cambiarla … “[…] fermarsi e sedersi magari in mezzo al caos assoluto, e quindi riflettere, scegliere, ragionare, ponderare quello che voglio e vado a fotografare, ascoltare […]”. Un grande, corposo e importante lavoro incentrato sull’uomo, sulla memoria e sull’identità.