Piccole poesie orientali scritte inconsapevolmente da Gabriele D'Annunzio. Anche quando scriveva in prosa D'Annunzio restava un poeta, un grande poeta. Nel senso che scriveva benissimo in versi, ma anche nel senso più generale che era al centro dell'universo e s'incantava guardandolo. Niente sfuggiva al suo occhio o al suo orecchio. Simile a un suo contemporaneo altrettanto grande, Marcel Proust, è capace di restituirci l'incanto dell'attimo, dell'emozione che brilla e fugge via. Simile anche, in questo, ai poeti giapponesi dell'haiku. Questi haiku nascosti sono costruiti con le stesse identiche parole di D'Annunzio. Sempre, tranne qualche rara eccezione, è stato mantenuto anche l'ordine, la successione delle parole, che si sono docilmente adagiate nella delicata forma orientale.