“Che oggetti d'amore imperfetti siamo, e che imperfetti donatori.”
Ruth è stata lasciata da Joel, ha cambiato casa, ha tagliato i capelli. In piena fase di negazione alternata a rinnovamento, non è così difficile per Ruth lasciare il lavoro, abbandonare ogni cosa e trasferirsi per un anno in California a casa dei genitori.
Il papà è un ex professore di università, colto, brillante, fedifrago che inizia a perdere la memoria, abbandona i vestiti sugli alberi, ha eccessi di ira, e poi momenti di ritirata solitudine in uno studio pieno di polvere e panini mangiucchiati. La madre di Ruth, che teme che un’alimentazione sbagliata possa influire sulla mente del marito, ha eliminato le pentole e non cucina più, bloccata. Due anziani alla deriva, che Ruth non ha cuore a lasciar soli: è la parola Alzheimer che si ha paura a nominare, ma è quello, e non c’è rimedio.
Ruth cucina le lasagne, va a correre con il padre, nasconde i coltelli, cerca di costruire una normalità, proprio lei che è devastata e senza punti fissi. Ci sono Bonnie e Theo, che portano complicità, qualche bevuta, e il senso di una reciprocità. Ci sono i ricordi, quelli di Joel, che fanno male ma affiorano, e per combatterli ci si rifugia nell’oblio, due bicchieri e mezzo, non di più. Ci sono i ricordi dell’infanzia, che è proprio il padre a consegnarle, taccuini su cui sono annotati momenti straordinari, discorsi di bimba, attimi che il genitore ha voluto fissare, per non muoversi più da quell’emozione dolcissima. Diari della memoria.
La memoria è quella recuperata, per soffrire e per emozionarsi, ma la memoria è quella che si sta perdendo, e che in qualche modo viene restituita, non solo da Ruth. La memoria è una dolce bugia che gli ex studenti del padre architettano per far credere al professore di essere ancora utile, creando per lui l’artificio di un finto corso. La memoria è un diario, quei 365 giorni californiani per segnare e sospendere il tempo di quel padre che va in giro mezzo nudo, mangia banane, dipinge per scherzo con lo smalto le saponette di casa, feroce e beffardo.
Bye bye vitamine è un libro fatto di dolore e di sorrisi, di ironia e di smarrimento, è un diario ma senza la rigidità della cronaca, è un album di istantanee che vengono dal cuore, bloccano l’istante e lo rendono eterno. Un anno insieme, giorno dopo giorno, un serbatoio di frammenti da tenere protetti: c’è l’Alzheimer, ma protagonista è la vita e quello che lascia alle spalle di ognuno. Rachel Khong firma un libro che è una lettura struggente e insieme un brillante sincero atto d’amore.