Fughiamo immediatamente ogni dubbio: se siete alla ricerca del lieto fine, della morale della favola, del messaggio di cui fare tesoro, è bene che vi teniate alla larga da questo romanzo.
Nella morbosa ed inesorabile discesa negli abissi della psiche umana che costituisce il leitmotiv di Follia non v'è redenzione, non v'è barlume di speranza che tenga. Densa e serrante, la narrazione, ambientata sul finire degli anni Cinquanta in un'Inghilterra rurale e periferica, disvela la parabola discendente dell' inquieta e trascurata moglie del vicedirettore di un manicomio criminale, Stella, la quale, vinta dalla passione divorante che la rende psicologicamente succube dello scultore uxoricida Edgar, finirà per perdere tutto ciò che possiede – il senno, il rispetto altrui, i propri privilegi, la libertà, quello stesso amore furiosamente e testardamente ricercato lontano da un vacuo ed opprimente idillio borghese.
Un crescendo intenso e desolante che la voce narrante, quella analitica, quasi clinica di Peter (lo psichiatra che ha in cura Edgar), spoglia di qualsiasi sensazionalismo o tendenza al melodramma, restituendoci un resoconto crudo, meticoloso, capace di portare alla luce la lucidità insita nell'apparentemente imperscrutabile follia che si impadronisce dei protagonisti. Le figure dei due amanti acquisiscono così spessore emotivo-intellettuale, raccontate in tutta la loro onesta, contraddittoria multidimensionalità: così, se nella psiche di Stella sfumano i confini tra abnegazione ed emancipazione, tra istinto di sopravvivenza e pulsioni autodistruttive, Edgar nasconde abilmente l'infantilismo del proprio Io acerbo dietro rudimentali meccanismi di difesa e fragili maschere sociali. Lo stesso Peter, presenza costante e discreta sullo sfondo del dipanarsi della vicenda, si rivelerà come un osservatore tutt'altro che disinteressato, le cui reali mire verranno a galla appena un attimo prima di un finale forse prevedibile, ma non per questo meno d'impatto.
Tetro, seducente ed incalzante, nonché intessuto di una prosa squisitamente cristallina e scorrevole, Follia è uno di quei romanzi che si leggono d'un fiato. Talmente è vivo e vibrante che ci si sente un po' voyeur, un po' complici, testimoni di un disastro annunciato, inermi di fronte all'avanzata dell'orrore. Allo stesso tempo, grazie alla sua abilità nel sezionare il malessere e servircelo su un logico e coerente piatto d'argento, McGrath riesce nella non facile impresa di suscitare la nostra empatia, rendendoci partecipi del dolore che attanaglia gli infelici protagonisti del suo romanzo, e rendendo futile in partenza qualsiasi appello ad uno sprezzante senso di moralità.
Perché la follia, in fondo, si annida in ognuno di noi.
Recensione di Cristina Rombi