Qualcuno ha definito
Fleishman a pezzi, romanzo di Taffy Brodesser-Akner, “Il lamento di Portnoy al
tempo di Tinder”.
Il debutto di Fleishman a pezzi ricorda a tratti i romanzi
americani alla Roth o alla Franzen, ma mantenendo la sua originalità.
La storia è quella di Toby Fleishman, quarantenne arrivato ormai al divorzio.
Fleishman sa che non sarà facile, ma è una persona concreta in grado di vedere
il lato positivo della faccenda: è un professionista di successo, è giovane,
esistono le app di incontri e quindi può avere tutte le donne che vuole e
spassarsela. New York è piena di possibilità.
Ma allora perché Fleishman a pezzi?
Perché non è tutto così idilliaco: perché dopo un divorzio,
che la si voglia vedere o meno, esiste la rabbia.
La si può ignorare o far tacere mascherandola dietro il divertimento e la
leggerezza con cui si passa da un incontro ad un altro, ma quella c’è.
E poi perché le cose per Fleishman si complicano quando la ex moglie, una
mattina all’alba, gli consegna i figli e sparisce dalle loro vite.
La vita da single incallito di Fleishman si interrompe bruscamente e lui deve
fare l’equilibrista tra figli da gestire, un lavoro che lo carica di
aspettative e pretese e, ovviamente, una turbolenta vita sentimentale.
La storia di Toby Fleishman è raccontata con uno stile
leggero e scorrevole ma che si arricchisce di digressioni e di ricordi, narrati
in terza persona da un personaggio che conosce bene Toby.
Fleishman a pezzi, nel suo titolo italiano, ci ricorda
l’Harry a pezzi di Woody Allen e infatti nella vita di questo ebreo newyorkese
ci sono dei temi e dell’ironia già conosciuti ma non per questo scontati.
Il vero punto di forza di Fleishman a pezzi è la narrazione,
in particolare il gioco di punti di vista che si rivelano e nascondono sino a
dare un ritratto complessivo che si svela, ovviamente, solo nel finale.
Ma nel frattempo, il lettore si è goduto un piacevolissimo viaggio tra le
pagine.
Recensione di Stefania C.
