La fitta trama biografica e filosofica incarnata da Emil Lask (1875-1915) tratteggia, nelle temperie culturali d'inizio Novecento, una figura inusuale, un profilo umano e teoretico che non si lascia facilmente riassumere in un ritratto dai contorni ben definiti. Il suo pensiero e la sua vita appaiono sospesi al crocevia tra diversi destini cui si piegò con forza la generazione di uomini che, nei primi tre lustri del XX secolo, si era trovata a fronteggiare l'incombente avvento della Grande Guerra. In questo scenario, e in poco più di un decennio, si consumarono, di fronte agli occhi di un'intera genia di filosofi, la peculiare parabola dell'astro filosofico laskiano e, insieme ad essa, il suo tragico destino. Nonostante l'ammirazione dei suoi contemporanei - da Heidegger a Plessner, da Lukács ad Adorno - dopo la scomparsa di Lask sul fronte di guerra il suo nome e il suo pensiero furono avvolti dal silenzio. Solo negli ultimi decenni si è cercato di strappare la filosofia laskiana da un ingiustificato oblio, restituendole il rilievo che merita per la profondità dell'impegno teoretico e l'ampiezza degli orizzonti tracciati.