«Questo non è un testo letterario e men che meno pedagogico: è concepito in funzione d'uno spettacolo dialogico-multimediale. Ricordiamo che nel 1935 l'Italia invase e occupò l'Etiopia, proclamandola suo impero l'anno seguente. Le truppe del Negus, inferiori di mezzi e disorganizzate, non offrirono che raramente una valida resistenza ai conquistatori. Il più abile dei capi etiopi, genero del Negus, ras Destà, fu il solo a dar filo da torcere agli italiani, continuando la guerriglia anche dopo l'avvenuta annessione. Tradito da un connazionale comprato dagli italiani, fu impiccato sulla piazza del villaggio dov'era stato catturato e lasciato ivi esposto per otto giorni. Ma il fatto storico è stato qui richiamato soltanto per collocare l'azione scenica. Questo vuole essere uno "spettacolo" sull'autoritarismo, da un lato, e sull'ipocrisia e la pusillanimità tipica dell'italiota, dall'altro. In fondo, sulla tendenza alla sottomissione, al conformismo e alla vacuità di questo nostro popolo.» (dalla Presentazione dell'autore)