Carlo Emilio Gadda, narratore instabile, antilineare, contraddittorio eppure coerente, innovativo e legato alla tradizione, tragico e ironico-satirico, sollecita interrogazioni continue. La sua vocazione verso complessità e molteplicità non è generica, ma è indagata dall'autore con insistenza negli scritti d'esordio per rifulgere poi corruscamente nelle grandi opere della maturità, L'Adalgisa 1944, i tormentati romanzi La cognizione del dolore e il Pasticciaccio, e i bellissimi saggi. Già nel multiforme cantiere del romanzo giovanile (Racconto italiano di ignoto del Novecento, 1924-'25), autodefinito in itinere «psicopatico e caravaggesco», di poco successivo al trauma bellico che pesa sul suo intero tragitto, Gadda percepisce un "reale" plurale e complesso, e così vorrebbe il romanzo progettato. Complessità e molteplicità sono analizzate tra contaminazioni e sprezzature nell'elaborazione epistemologica del 1928, la Meditazione milanese. Anche le vicende elaborative ed editoriali gaddiane sono spesso interrotte, e travagliate tra edito, inedito, postumo. Su esse gravano chimere del potenziale, movimenti fantastici e funerei, ambizioni magnanime e sfiducie rovinose, nonché i faticosi conti con la professione ingegneristica (lasciata solo nel 1940). Vale la pena di ripercorrerne puntualmente alcuni aspetti per cercare di cogliere, con lo sguardo moltiplicato della contemporaneità, le singolarità e il genio "imperfetto" dello scrittore.