Ci sono libri che dovrebbero essere letti ad alta voce, perché hanno l’intensità di una preghiera e la bellezza di un canto: così è il nuovo libro della trilogia di Bois Savage: con Canta, spirito, canta, Jesmyn Ward riporta il lettore nelle terre del Mississippi e lo fa con un carico di commozione e di forza affettiva profondamente umani. I ragazzini di “Salvare le ossa”, scampati all’uragano Katrina, passano il testimone a una famiglia alla disperata ricerca della pace, e agli spiriti erranti che l’accompagnano.
Canta, spirito, canta è un romanzo a più voci: Jojo ha tredici anni, e vive con i nonni Pop e Mam. Sono neri come la madre Leonie, che è una sbandata, fragile, drogata, priva di qualunque istinto materno. L’unico amore che riesce a dimostrare è per il compagno Michael, appena uscito di galera, un bianco, balordo e aggressivo che non ha mai vissuto la famiglia. Siamo in una terra di dissidi, di tensioni razziali, e la famiglia di Michael rifiuta ogni contatto con la nera Leonie. Ci sono i nonni a prendersi cura di Jojo e della piccola Kayla, con un affetto che è intriso di racconti dolorosi del passato e di arcane visioni.
Visioni: gli spiriti vivono accanto a Mam, dialogano con Jojo, cercano in Pop la chiave della loro quiete, appaiono a Leonie quando è fatta dalla droga. Gli spiriti osservano e comunicano, accanto ai vivi, presenti. Sono uccelli, sono piume e squame, serpenti e ragazzini impauriti. La perdita è un dolore fatto di contrasti, di dialogo, tra luci e ombre che al lirismo del racconto uniscono il senso strisciante e mesto di una sconfitta: nell’essere genitori, figli, fratelli.
“Perché la vita non è una linea dritta. Succede tutto nello stesso momento. Tutto quanto. Siamo tutti qui contemporaneamente”.
Il racconto di Jesmyn Ward è duro e dolcissimo allo stesso tempo, non risparmia particolari violenti e raccapriccianti dell’orrore generato dall’intolleranza e dall’odio, ma fa crescere accanto ad essi immagini di una tenerezza straziante, nel rapporto tra Jojo e la sorellina Kayla. È una tenerezza che ferisce nel profondo, perché è fatta di protezione ed è pertanto la più intima e assoluta. Viscerale e morbosa.
C’è un’affettività profonda che segue la narrazione, potente al punto da diventare un canto purificatore: la promessa è quella della pace, dalla rabbia e dall’odio, dalla vita che ferisce chiunque. Il canto che si eleva dalle pagine di questo libro è un canto universale di amore, di giustizia, di verità e di assoluzione.
“I canti mi arrivano dalla stessa aria che porta con sé il suono delle acque: apro la bocca e sento l’impeto delle onde”.
Jesmyn Ward ha scritto un libro immenso.
Recensione di Francesca Cingoli