"Storia di una famiglia contadina d'altri tempi ambientata tra il castello medievale e i vigneti fiorenti di Guardia Sanframondi nel Sannio, alla fine della seconda guerra mondiale", cita il sottotitolo. Dopo Addio a Pontegualdo, ecco quello che potrebbe apparire quasi un prequel. Non solo perché cronologicamente precedente, ma perché sembra qui di trovare l'origine e la storia dei luoghi che abbiamo imparato a conoscere ed amare nel precedente volume. Un'opera che sembra anche più spontanea, più profonda e viscerale: un omaggio affettuoso dell'autore alla terra di origine, il Sannio, dove gli è capitato di poter vivere solo in alcuni momenti della vita per una serie di fortuite circostanze. L'intera narrazione, in bilico tra il vero e il verosimile, vuole essere infatti in primis una manifestazione di affetto sincero da parte di chi scrive sia per la storia di quell'angolo della Penisola in cui essa si è verificata, sia per gli attori piccoli e grandi che l'hanno vissuta, affinché l'una e gli altri abbiano anche loro un minuscolo spazio nell'album universale del ricordo collettivo.