“Molti clienti sentivano la leggenda intorno al locale ed entravano spinti dalla curiosità”
Con
Basta un caffè per essere felici si torna nel caffè giapponese consacrato al successo dal precedente libro
Finché il caffè è caldo del medesimo autore
Toshikazu Kawaguchi, entrambi editi da
Garzanti.
Atmosfera, unità di luogo e di azione di
Basta un caffè per essere felici sono gli stessi che abbiamo trovato nel primo romanzo: un bar di un piccolo paese giapponese, un luogo con delle regole molto rigide che però danno accesso a una possibilità incredibile: tornare indietro nel tempo per rivivere una particolare situazione vissuta in quel locale.
Le regole ferree sono ricordate anche in
Basta un caffè per essere felici:
- Le uniche persone che si possono incontrare nel passato sono quelle entrate nella caffetteria
- Qualunque cosa si faccia quando si è nel passato, non si può cambiare il presente
- C’è solo una sedia che permette di tornare nel passato
- Quando si torna nel passato bisogna restare su quella sedia e non ci si può muovere da lì
- Il tempo che si trascorre nel passato comincia quando il caffè viene versato nella tazza e dura finché il caffè è caldo
L’autore di
Basta un caffè per essere felici è sceneggiatore e regista e questa sua caratteristica si riversa su entrambi i libri che sono caratterizzato da una scansione temporale molto “teatrale”.
Le storie delle persone che si avvicendano a quel particolare tavolo del bar infatti hanno la stessa dimensione spazio-temporale di un atto teatrale.
Quattro atti per l’esattezza che in
Basta un caffè per essere felici vedono le storie di due amici, di una madre e un figlio, di due innamorati e di due coniugi.
Basta un caffè per essere felici, così come il titolo precedente e come molti dei romanzi giapponesi, è permeato da un senso di poetica malinconia. Il tema del ricordo, con la sua variante del rimpianto, è forte nei romanzi di Kawaguchi.
Ma tutti i protagonisti, incuriositi dalla leggenda che aleggia sul locale, decidono di accogliere il rimpianto scegliendo non il senso di colpa, bensì il senso di responsabilità: rispetto alla colpa la responsabilità prevede l’essere attivi, il cercare il bandolo di una matassa il cui filo riunisce passato, presente e futuro.
E’ vero che il passato non si può cambiare, ma possiamo guardarlo e riguardarlo finché non decidiamo di darne una narrazione differente.
Basta un caffè per essere felici è un libro che fa bene al cuore.
E lo mettiamo sullo scaffale insieme a
Le ricette della signora Tokue di Sukegawa,
Kitchen di Yoshimoto e la serie a fumetti
La taverna di mezzanotte di Yaro Abe.
Recensione di Stefania C.