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Luca Bianchini torna in libreria con la leggerezza mediterranea delle storie di Puglia: dopo Io che amo solo te e Baci da Polignano, Le mogli hanno sempre ragione racconta una storia di indagine, sospetti e malelingue che è scossa dal vento di grecale.
Pennacchio sulla testa e la prospettiva di una teglia di parmigiana al rientro a casa, il maresciallo Clemente affronta la festa di San Vito in perfetta uniforme: lo aspetta una giornata di impegni, la processione, gli occhi puntati su di lui, la benedizione, il corteo di barche. Manca poco alla pensione e Clemente si gode questi ultimi momenti di lavoro, in una Polignano chiacchierona, festosa e piena di gente: nel suo futuro c’è un progetto semplice, la pesca, la compagnia del suo cane Brinkley, il karaoke nella tavernetta della sua casupola di Port’Alga, l’eccentricità affettuosa della moglie Felicetta, che adora dipingere ceramiche. Clemente è un uomo serio, con uno spirito fanciullesco, e una carriera che ha avuto pochi brividi, per sua fortuna.
Quando nel bel mezzo dei festeggiamenti, viene chiamato nella masseria di Matilde Scagliusi, Clemente si trova alle prese con un delitto. Si sta svolgendo un’apericena, una cafonata di serata con visita guidata alle stanze, penisola snack in cucina a imitazione di quella dei reali di Spagna, fuochi d’artificio a forma di cuori viola. E non importa che i cuori sembrino a tutti delle pere, e che salti la corrente, e che la padrona di casa faccia di tutto per enfatizzare gli ambienti e gli oggetti, un’accozzaglia kitsch in cui spicca pure un suo gigantesco ritratto, e una collezione di statuette di angeli Thun: la pacchianata, a cui prende parte pure padre Gianni, defilandosi dalla processione, passa in secondo piano perché si è trovato il corpo di una giovane donna assassinata.
Tutti sospettati, nessuno escluso, manco il prete: per Clemente iniziano le giornate più lunghe della sua carriera, nella quale mai aveva dovuto affrontare un omicidio, figuriamoci vedere un cadavere. Lo affianca la brigadiera Agata La Razza, la Kamala Harris di Polignano, tifosa del Lecce, e convinta che la festa di Galatina sia meglio di quella di Polignano.
“Pensò che quell’indagine assomigliava un po’ alla sua vita, composta da elementi solo apparentemente scollegati: una moglie bizzarra, un cane fedele, la nobiltà della pesca, la tamarraggine del karaoke e l’onestà del suo lavoro. Eppure lui aveva trovato un equilibrio mescolando le carte, e forse avrebbe dovuto fare lo stesso anche per risolvere il caso.”
E mentre Polignano è in festa, Clemente e Agata indagano, non ci capiscono niente, ascoltano tante storie, qualche fandonia, accolgono ritrattazioni, improvvise dichiarazioni di omissioni casuali, scoprono indizi, trovano un anello, una busta, sentono racconti di storie d’amore che il destino ha infranto e poi coronato, di finti fidanzamenti, di amanti clandestini, angeli caduti, corna perpetrate, pazienti assistono a racconti campati per aria e per terra, di trulli e di bed & breakfast, mangiano orecchiette, subiscono le stories di un’influencer in erba, e le dicerie di “radio Polignano”, colei che sa tutto, più di Dagospia, e su tutto ha un’opinione.
La Puglia di Luca Bianchini è uno spettacolo di splendore, di luci e vento, di scogli e sapori, e un groviglio vivace di umanità, di piccole storie di provincia, dove ci si conosce, dove l’appuntato Perrucci sembra Clark Gable e ruba cuori a tutte, proprio a tutte, dove le cose si risolvono di fronte a un caffè, a tu per tu, dove a un’indagine non servono i filmati delle telecamere, perché i polignanesi sono meglio, e basta fare un giro in paese e chiedere, dove la privacy non esiste e invece esiste la piazza.
“In paese, intanto, non si parlava d’altro e tutti, pur di partecipare alle dirette tv, avevano qualcosa da raccontare sui sospettati: «l’ho vista in televisione» era una vera e propria attribuzione di status.”
La Puglia di Luca Bianchini è terra di sentimento e di saggezza, che le donne sanno come mettere insieme, per dare il valore giusto al sapore sano del presente, con una leggerezza semplice intrisa di bellezza. Basterebbe ascoltarle, le mogli, per sapere cosa fare.
Le mogli hanno sempre ragione è un libro scritto con il sorriso, con il piacere di far rivivere vecchie conoscenze, di riaccendere le luci sul teatro della vita che anima le case e le strade di una Polignano a Mare radiosa e invitante, come la cucina di Felicetta, come il fascino di Ninella, il cui viso racconta solo vita e bellezza.
“Intanto dobbiamo imparare una lezione.
Quale?
A goderci le cose quando ci sono. Perché può finire tutto in un attimo e indipendentemente da noi.”
Agatha Christie nella terra delle luminarie e del vento ha un sapore familiare, quello dei piatti di casa, del liquore alla ciliegia, di una partita di burraco, di colori e profumi, e di personaggi veri, ben costruiti e godibilissimi. Primo tra tutti , vero eroe di questa storia, Clemente, maresciallo, marito affettuoso, uomo di gusti semplici, incapace di resistere al fascino del microfono: è Clemente che regala momenti davvero esilaranti quando, insonne nella sua tavernetta, si fa trascinare dal crescendo delle canzoni e in pieno fervore di karaoke, si toglie la canotta e canta Renato Zero in piena notte, con la panza di fuori e le braccia spalancate, immaginandosi di fronte a milioni di sorcini in delirio.
“Era talmente preso dall’interpretazione che, appena alzò la testa dal microfono, si trovò con l’indice alzato al cielo, l’ascella al vento e sua moglie che lo guardava esterrefatta. Gli disse solo: «Ma tutt’a post?» e lui tornò a letto mortificato.”
Francesca Cingoli
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