Cosa direbbero le mura di una stanza d’albergo se solo potessero parlare? Flaminia Lante Della Rovere lo sa. Lei ha 18 anni, una famiglia infelice, tanti soldi, un fidanzato con cui litigare. E un mistero da risolvere. Il suo. Nella notte tra il primo e il 2 gennaio un’utilitaria la investe nel parcheggio del Grand Hotel dell’aeroporto di Fiumicino; sotto la pioggia fitta di un temporale invernale, la ragazza si rialza, torna nella sua camera e sviene. Si risveglia nella luce perlata dell’alba nella stanza 503 dell’albergo, accosta il volto incredulo al vetro chiuso, guarda gli aerei transitare nel cielo terso e si accorge che non è più sicura di esistere ancora. Cosa le è successo? E perché da quella stessa finestra, subito dopo l’incidente, ha visto un’ambulanza portarla via tra le grida disperate dei suoi genitori?
Nella stanza 503, nel frattempo, la vita continua: le governanti entrano per pulire e riordinare, gli ospiti del Grand Hotel Fiumicino ricominciano a soggiornarvi, i check-in e i check-out si susseguono senza che nessuno si accorga veramente di lei. Se non dovessi sentirmi è il diario intimo di un’anima in bilico tra la vita e la non vita. Intrappolata nella cornice di un brutto quadro posto a decorazione sopra il letto matrimoniale, Flaminia trova il modo di dare un significato alla sua reclusione raccontando le paure, gli amori e i drammi di chi temporaneamente argina la sua sconfinata solitudine, scoprendo nel suo personalissimo viaggio che ci sono tanti modi di non essere né completamente liberi né pienamente vivi. Le persone transitano oltre il sigillo di una serratura elettronica, mentre la penna di Flaminia, nell’enigma inquietante del suo anonimato, cerca di raccogliere quello che c’è di più vero in loro. Come in una escape room, la giovane studentessa romana ha una missione da compiere: uscire da lì.
