Progetti di libertà, incubi (e sogni) di un’umanità meccanizzata, miscele esplosive di natura e artificio, di "carne e ferro", abissi di passioni e repressivi rigori. Sono questi gli ingredienti dello spirito e della "cultura di Weimar", nel cui ambito si afferma, nel 1925, la pittura della Nuova Oggettività, negazione dell’espressionismo nel nome di una nuova razionalità.
Alcuni pittori rappresentano la realtà del tempo, con tutte le sue drammatiche contraddizioni, altri si rifugiano in mondi di cristallina classicità, molti rimescolano tutto: così, la pittura moderna si può sposare con l’arte antica, ma anche con l’illustrazione, la satira, la fotografia e le figurazioni più popolari e "meccaniche".
Il ritmo indiavolato della metropoli moderna è lo stesso della macchina e del jazz; intanto, la "nuova donna", autonoma e audace, conquista il suo spazio, anche nel campo delle arti...