«Perché trovo sempre un lavoro?, mi dicevo, perché non mi lasciano andare alla deriva in pace? Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora. Poi non ho coraggio. Mi viene in mente mio padre, il poliziotto Arturo, e la sua divisa, sempre impeccabile; e mio nonno, la dignità con cui indossava il suo vestito da festa. Assurdità che sempre mi ritornano. L'origine è un vestito che uno non smette mai». Con lo stile originale e prodigiosamente classico che ne ha fatto uno degli «autori italiani davvero importanti », come scrisse Stefano Giovanardi, e momenti di umorismo disincantato, Trevisan racconta il lavoro nel luogo in cui è una religione, il Nord Est, dagli anni Settanta, schiacciati tra politica ed eroina, fino al 2002, quando lui viene riconosciuto come scrittore. E attraverso questa lente, non solo mostra le mutazioni del nostro Paese, ma scandaglia un'intera vita: la storia di una famiglia (che «è sempre una storia di soldi»), il fallimento di un matrimonio, i meccanismi di potere nascosti in ogni relazione.