Mokhtar Alkhanshali, americano di origine yemenite, vive a San Francisco, nella parte sbagliata. Il quartiere di Tenderloin è quello della malvivenza, dello spaccio, della prostituzione, gente senza illusioni.
Mokhtar fa il portiere d’albergo, ogni giorno dietro il bancone, alzarsi ad aprire la porta ai ricchi residenti di un palazzo lussuoso del centro. E sogna, lui che a 24 anni per la famiglia “vale meno di un asino”, sogna di fare qualcosa di importante. Parte per un viaggio che è l’occasione della sua vita, pazzo e visionario.
Mokthar vuole diventare importatore di caffè dallo Yemen, il suo paese d’origine, che è la culla storica e dimenticata del caffè, e i cui prodotti hanno perso pregio. E allora studia, si innamora della storia del caffè, delle sue origini gloriose, si indebita per fare corsi e partecipare a convegni, si industria in ogni modo per stringere mani e conoscere le persone giuste. American dream per questo ragazzo che crede di poter fare la differenza.
Lo Yemen lo accoglie con cautela, ma Mokthar intraprende senza mai arretrare un tour complicato e difficile attraverso le varie regioni, incontrando i contadini delle piantagioni, la gente delle montagne, ma anche i briganti. Scoppia la guerra, ci sono i bombardamenti sauditi e le mazzette da pagare per lasciare il paese con i sacchetti pieni di chicchi selezionati e pregiati. Ci sono persone, uomini e donne, che questo ragazzo incontra e lo fa con cuore e con rispetto.
“Vi ho sempre davanti agli occhi, diceva ogni giorno: una vecchia espressione yemenita che si rivolge alle persone care, agli amici, indicando la propria faccia; un modo per dire che si tiene in gran conto qualcuno e che si ha a cuore la sua sorte”.
Mokhtar riorganizza il commercio, restituisce con la sua passione e la sua tenacia fiducia ai contadini, portando benessere e fierezza a tanti piccoli coltivatori che ritrovano forza e restituiscono un prodotto di qualità straordinaria.
L’impresa di Mokhtar è rocambolesca, durissima e alcune volte sembra senza speranza, ma alla fine la prima nave carica di caffè attracca al porto americano e a chi legge vengono i brividi dall’emozione. Questa è una storia vera, e il Port of Mokha è un caffè pregiato che possiamo trovare e assaporare, definito il migliore del mondo, l’orgoglio dei coltivatori yemeniti.
La storia di Mokhtar Alkhanshali è da leggere come la storia di tanti “cittadini statunitensi che mantengono forti legami con i paesi dei loro antenati e che, con passione imprenditoriale e lavoro duro, creano ponti indispensabili tra il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo, tra le nazioni che producono e quelle che consumano.”
Sono loro ad incarnare con coraggio la ragion d’essere dell’America, luogo di opportunità radicali e di illimitata accoglienza.
Un libro di un’attualità urgente, e insieme un contributo di impegno e responsabilità.
Dave Eggers e Mokhtar Alkhanshali hanno destinato i proventi di questo libro alla creazione della
Mokha Foundation, che investe direttamente per migliorare la qualità della vita nello Yemen in svariati modi, ad esempio sostenendo i coltivatori e le loro famiglie, salvaguardando le risorse naturali e collaborando alla soluzione della crisi dei profughi nelle zone di guerra. Per contribuire:
www.themokhafoundation.org.
Recensione di Francesca Cingoli