SPEDIZIONE GRATIS
con corriere veloce per acquisti oltre 29,00 €.
Pagabile anche con Carta della cultura giovani e del merito, 18App Bonus Cultura e Carta del Docente
“Mi ero ritrovata sola con lui, il mio catorcio, la mia canaglia
senza una gamba, il mio re misantropo, la vecchia carcassa di mio padre, mentre
fuori faceva buio.”
Cosa resta dopo la morte di un genitore? Anne Pauly affronta il tema
della perdita con un piccolo enorme romanzo, tragicomico come la vita.
Restano mille banali cose di cui occuparsi: oggetti da riordinare,
vestiti da raccogliere, documenti da selezionare, bare da scegliere, poesie da leggere,
persone da invitare, e poi resta una casa, intera, e vuota. Quando i genitori
se ne vanno, ci sono montagne di cose da fare, subito, a caldo, ancora
sbigottiti, con un dolore che fa fatica a prendere il suo spazio.
Quando Jean-Pierre Pauly muore, la figlia Anna e suo fratello Jean-François
si trovano spiazzati, un the caldo in ospedale e poi via, un sacchetto con
dentro le sue cose, a gestire tutta la trafila, pesante perché banale, di
burocrazia. Pesante anche perché su di loro grava l’immagine di quel padre
ingombrante di corpo e di anima, violento e alcolizzato, un uomo difficile, un
padre autoritario e aggressivo.
Fissare l’immagine, con la precisione del ricordo, e con l’imprecisione
del dolore: Anne Pauly ricompone una storia per frammenti, che non tolgono
spessore alla realtà, non la edulcorano con la nostalgia della perdita. La sua
è un’operazione molto più umana e misericordiosa: fermare i ricordi prima che
sfuggano, proprio prima che il tempo faccia svanire i dettagli. Sta lì dentro,
la verità di ogni individuo.
E allora anche quel padre così faticoso, l’enorme uomo con la passione
per le filosofie orientali e l’alcol, si ridisegna in un ritratto più umano dei
suoi vizi, più doloroso della sua malattia, più vulnerabile della sua
solitudine.
“In quell’involucro stanco, sotto la pelle pallida, sfatta e
screpolata, c’era ancora una forma di grandiosità, di fascino, una postura,
un’arroganza, un modo tutto suo di stare in piedi di fronte al lavandino,
persino col fiato corto e su una gamba sola.”
Ci sono scene di grande ironia, ci sono particolari di estrema
sensibilità: Anne Pauly fa poesia con la prosaicità del quotidiano, con gli
episodi della vita del suo padre “fattone” e del fratello “minotauro”, e
sull’immagine di qualche pelo che sfugge alla rasatura, sulla pelle ormai
sensibile del padre morente, costruisce una dichiarazione d’amore e di
tenerezza straziante.
È in quella tenerezza il rifugio dalle svolte imprevedibili della vita:
una protezione dai propri sbagli, dai sensi di colpa di figli adulti che hanno
fatto la propria vita, cavandosela con una cartolina e una telefonata ogni
tanto, un regalo comprato senza troppa cura. Non ci si accorge della vecchiaia
dei genitori finché non ci trova davanti alla loro fragilità, che li ricopre
con la maschera della morte che si avvicina. E non c’è ricordo sgradevole, non
c’è colpa dei padri che assolva i figli da quel senso di inadeguatezza, di
indifferenza, e che lavi via quella tenerezza che avvolge tutto, e ricompone i
rapporti.
I frammenti raccolti a caldo disegnano un ritratto pieno di
contraddizioni di un uomo enigmatico, fatto di tanti tratti contrapposti, che
fanno emergere anche i toni di grigio di una vita che non può essere mai tutta
bianca o nera. Difficile costruire un ordine del caos della vita, come è
difficile riordinare tutte le carte, ricostruendo un metodo per riappacificarsi
con la memoria. Quello che si tiene in mano alla fine è un ritratto da trattare
con cautela perché l’età e la malattia l’hanno reso delicato, così impalpabile
da rischiare di volare via in un sospiro.
Prima che mi sfugga è, prima che un romanzo, una poesia
sull’assenza, un affresco di dettagli piccoli, minimalisti e quotidiani che
riescono a raccontare con un misto di energia, e ironia imprevedibili, il
grande vuoto e l'infinito dolore della perdita.
“«Ci ha rotto il
cazzo per tutta la vita. È strano, ma a parte la rabbia non sento niente».
«Non ti preoccupare» ho pensato «ogni cosa a suo tempo.» Ma non ho detto nulla
e gli ho stretto la mano.”
Il sito utilizza cookie ed altri strumenti di tracciamento che raccolgono informazioni dal dispositivo dell’utente. Oltre ai cookie tecnici ed analitici aggregati, strettamente necessari per il funzionamento di questo sito web, previo consenso dell’utente possono essere installati cookie di profilazione e marketing e cookie dei social media. Cliccando su “Accetto tutti i cookie” saranno attivate tutte le categorie di cookie. Per accettare solo deterninate categorie di cookie, cliccare invece su “Impostazioni cookie”. Chiudendo il banner o continuando a navigare saranno installati solo cookie tecnici. Per maggiori dettagli, consultare la Cookie Policy.