Ogni diagnosi di tumore è come una «deflagrazione», un evento imprevisto, improvviso, destabilizzante, che colpisce il fisico e permea ogni aspetto della vita emotiva. Eppure, come sostengono Gabriella Pravettoni e Mauro Boldrini, si possono trovare spunti, occasioni di felicità anche nella malattia. Oggi, grazie a diagnosi precoci, medicina di precisione, immunoterapia, e col fondamentale supporto dell'IA, nel campo della ricerca medica i risultati raggiunti non hanno precedenti. Tuttavia, come sostengono fin dall'antichità pensatori, filosofi e teologi, e oggi registi, scrittori e poeti, la ricerca della felicità è un bisogno insito nell'uomo, e quindi guarire il corpo non basta. Il benessere psicologico di chi si ammala oggi è l'obiettivo di medici e psicologi che accompagnano i malati di tumore dall'accettazione alla diagnosi al ritorno alla vita «normale», in un viaggio che richiede tempo, aiuto, relazioni e condivisione. Fino a che il paziente, dopo «il tempo sospeso» di una malattia, possa ritrovare le risorse per tornare a fare progetti di vita. Le testimonianze di vita vissuta forniteci in queste pagine ci offrono uno spunto su cui riflettere per imparare a vedere la malattia anche come un'opportunità di crescita da cui si può uscire trasformati, e magari persino migliori. Perché la malattia non è, e non può essere, solo una questione di terapie e cure, sostengono gli autori, ma va affrontata con il giusto approccio mentale per diventare un capitolo della propria vita e non «l'unica storia» di una persona.