“Il grosso pericolo del mentire non è che le menzogne non corrispondono al vero, e quindi sono irreali, ma che diventano reali nella mente altrui”.
Johannes è un ragazzo viennese: nato nel 1927, partecipa in pieno all’entusiasmo della Jungvolk, la sezione dei più piccoli della gioventù hitleriana. Impara a usare le armi, a bruciare i libri, a odiare le razze impure, ad amare il Führer di un amore totale e incondizionato.
Rimane ferito, perde un braccio e un pezzo di faccia, ma, lui ci crede, tutto avviene per un motivo superiore, il trionfo del popolo tedesco: a diciassette anni, Johannes è totalmente sedotto dalla propaganda nazista.
Non la pensano così i suoi genitori, che nascondono i libri proibiti e professano idee antinaziste. La loro casa cela un segreto ancora più pericoloso per la loro vita: una giovane ebrea, Elsa. L’hanno portata in salvo, e la tengono al sicuro in un nascondiglio nel muro della soffitta.
Quando Johannes la scopre, è devastato dal trovarsi di fronte a quello che lui considera un essere inferiore. La spia, la minaccia, ma intanto la osserva, la pensa in continuazione, ne diventa ossessionato. Il suo è un pensiero che al pericolo, che Elsa rappresenta per lui e la sua famiglia, vede subentrare poco per volta la curiosità, il desiderio, e l’amore.
Elsa è una prigioniera, che vive in una bara nella parete, Johannes è prigioniero della sua presenza e della sua voce, del suo spirito libero, della poesia delle sue parole.
Così, quando la guerra li farà rimanere soli, i due danno vita a un rapporto indistricabile fatto di gelosie e impregnato di controllo. Elsa dipende da lui, per nutrirsi, lavarsi, per sopravvivere.
Johannes dipende da lei per avere una ragione, per immaginare una vita fuori, proprio lui che dei due è l’unico a potersi muovere.
“L’amore non è possessivo, non è rinchiudere l’altro per il proprio piacere. No, sono convinta che l’amore non debba legarci all’altro. L’amore è libero e liberatorio, come l’aria, il vento, sì, come la luce divina”.
Se per Elsa, che è più grande e matura, l’amore è darsi spazio e libertà, per Johannes, che l’insicurezza e la paura di lasciar andare Elsa rendono meschino, il rifugio nasce nella menzogna: quando i tedeschi perdono la guerra e l’Austria, lui architetta il più malvagio dei piani. Non rivela a Elsa la verità, le fa credere che i nazisti hanno vinto, e che lei deve rimanere nascosta, con lui, per sempre.
Giorno dopo giorno, anno dopo anno, tra tele dipinte, litigi, capricci e debiti, il loro gioco amoroso si trasforma in un legame perverso e claustrofobico.
“C’era una volta un austriaco che amava un’austriaca, e il suo amore era tale che la tenne nascosta per tutta la vita, mettendo a repentaglio la propria…”
Il cielo in gabbia è un romanzo che parla di amore e possesso, prevaricazione e dipendenza; è una favola nera di guerra e di razza, ma è soprattutto la storia di come la libertà si trasforma in prigionia quando le relazioni umane sono viziate e ambigue. Sullo sfondo Vienna, una città che soffre sulle proprie macerie.
Ironico, seducente nella scrittura, è arguto e sorprendente: la sua lettura ha ispirato il film di Taika Waititi, Jojo Rabbit.
Recensione di Francesca Cingoli