La vicenda poetica di Ceriani ha compiuto un lungo tragitto originale, e del suo lavoro si sono ben accorti, nel corso del tempo, lettori autorevoli, da Giovanni Raboni a Rodolfo Zucco. In questo "Gianmorte violinista", Ceriani ha coagulato le più svariate presenze, creando oggetti-testo nati dalla concrezione di più elementi, che danno alla sua pagina una serie apertissima di sfaccettature e chiamano il lettore a una perlustrazione accanita e ardua, molto speciale, in ogni caso ben remunerativa. Si può dire che il testo di Ceriani è passato, nei decenni, da una fisionomia liquida a una decisamente compatta, quasi minerale, in cui egli realizza dei conglomerati quanto mai compositi, con l'inserzione di dati colti, citazioni, prelievi da lingue varie, in un dettato arditamente sapienziale che invita l'interlocutore a un gioco ricco di possibili sorprese. La trasparenza del passato è sullo sfondo di un'opera già consistente e, al suo posto, Ceriani presenta l'unicità di uno stile che chiede il coinvolgimento, non sul piano della comunicazione semplice, ma dell'impegno estetico sui dettagli testuali, lanciando una sfida che il buon lettore avrà sicuramente il merito di voler accettare.